Grazie a Marco Parella del Quotidiano Piemontese, che mi ha intervistato per mettere testa sulla condizione dei Testimoni di Giustizia.. La vittoria del Premio Ilaria Alpi serve anche a questo
Docufilm su Pino Masciari vince premio “Ilaria Alpi”. Mattiello: “La scorta non è uno status symbol, lo Stato deve fare di più”
“Con Pino Masciari abbiamo più perso che vinto”. Davide Mattiello, deputato torinese e coordinatore del V° Comitato della Commissione Antimafia, ha le idee chiare. “Le denunce di Pino Masciari contro l’estorsione della ‘ndrangheta risalgono alla metà degli anni ’90 e dopo vent’anni lui e la sua famiglia non hanno ancora potuto riavere una vita normale”. A riportare i riflettori, colpevolmente spenti dai media nazionali, sulla sua storia è la vittoria del premio giornalistico “Ilaria Alpi” da parte di Alessandro Marinelli che, con il suo “Pino Masciari, storia di un imprenditore calabrese”, prova a sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema quantomai controverso. “Guai a pensare che l’importanza di un testimone di giustizia si misuri con quante macchine blindate gli vengono messe a disposizione – commenta Mattiello -. Anzi, la vera vittoria, per lui, la sua famiglia e per lo Stato, sarebbe quella di ritornare alla vita precedente le denunce ai mafiosi”.
Il membro della Commissione parlamentare Antimafia prova a spiegare la sua idea su Masciari e sulla situazione di molti altri casi come lui, ostaggi delle proprie verità: “Ho sentito Pino ed era emozionato ed orgoglioso per la vittoria di questo documentario. Lui e la sua famiglia ci hanno messo la vita, poi è stato bravo il regista a realizzare il tutto, con coraggio e intelligenza civica. Ma ricordiamoci che Pino Masciari è un uomo di 55 anni, imprenditore, che da 15 anni non lavora, non sa cosa sarà della sua vita”. Incluso, a partire dal 18 ottobre 1997, nel programma speciale di protezione testimoni, Giuseppe Masciari e i suoi cari vivono in una località segreta, anche se da qualche tempo è arrivato l’ordine di revoca per gli uomini di scorta. “Togliere la scorta ad un testimone è, a differenza di quanto si possa pensare, un segnale positivo. Significa che non sussistono più le minacce per cui quel dispositivo di protezione si era reso necessario. La scorta non è uno status symbol. Però il testimone deve essere adeguatamente informato sui fatti, perché altrimenti si sente abbandonato dallo Stato”. La città di Torino (insieme a quella di Ivrea e a moltissime altre in tutta Italia) ha concesso già nel 2008 la cittadinanza onoraria a Masciari perché diventato, secondo l’allora consigliera (oggi assessore alle Pari opportunità, Diritti civili e Immigrazione) promotrice Monica Cerutti, “un simbolo della lotta alla mafia, soprattutto fra le nuove generazioni”. Chiosa Mattiello: “La sua è la storia di una famiglia che ha scelto la legalità. Le sue denunce, avvenute in un momento storico in cui la ‘ndrangheta era potentissima e senza avversari, hanno portato all’arresto di oltre 50 boss calabresi e questo documentario è un giusto riconoscimento. Ma non abbiamo bisogno di eroi da fumetto. Lo Stato non deve scaricare la responsabilità dell’impianto probatorio dei processi per mafia sui testimoni, deve invece utilizzare al meglio le tecnologie moderne per trovare da sé le prove e non rovinare la vita a persone che sono già vittime della criminalità organizzata”.