\”E\’ un documento interessante, una testimonianza importante per far capire a tutti quanto e come la \’ndrangheta sia diventata quello che è anche grazie a situazioni come questa di Milano.
Pensiamo sempre alla \’ndrangheta come a una multinazionale capace di fare miliardi di euro con i grandi business edili, ma non dobbiamo mai dimenticare che questa organizzazione trae la sua linfa vitale da situazioni di degrado come questa.\”
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Fonte: Eilmensile.it – Sono le 9 di giovedì 21 giugno quando davanti a viale Montello 6, a Milano, arrivano le camionette di Carabinieri e polizia. Le forze dell’ordine cominciano lo sgombero dello stabile, da 40 anni noto come il “fortino della ‘ndrangheta”. Base dello spaccio e della vendita di armi, il palazzo è nelle mani della famiglia Cosco dagli anni ’70. È qui che nel novembre 2009 Carlo Cosco ha rapito l’ex compagna Lea Garofalo, testimone di giustizia. Il 24 novembre il corpo della donna è stato ritrovato sciolto nell’acido a San Fruttuoso, in provincia di Monza. Il 30 marzo 2012 la Corte d’assise di Milano ha condannato Carlo Cosco e altri 5 imputati all’ergastolo per omicidio. Insieme agli 80 appartamenti di viale Montello, le forze dell’ordine hanno sgomberato anche alcune occupazioni abusive di via Canonica 77.
John è un rifugiato politico eritreo che ha vissuto per più di due anni nel fortino dei Cosco. Da 2007 si sposta dalla strada alle occupazioni abusive, senza un posto dove stare. Lo abbiamo incontrato nel luglio dell’anno scorso, nella sua stanza di viale Montello 6. Qui pagava un affitto irregolare di 200 euro al mese ad un tramite suo connazionale, che riscuoteva per conto degli ‘ndranghetisti. Oggi attraverso il Comune di Milano John ha avuto una casa in via dei Cinquecento, a Milano. Ancora non è agibile, ma spera di potersi trasferire presto, insieme alla sua compagna incinta di cinque mesi. Come John sono circa 200 gli occupanti abusivi dello stabile, tra sudanesi, eritrei, africani subsahariani e cinesi. Aler, l’ente gestore delle case popolari lombarde, insieme al Comune e alla Fondazione Ca’ Granda, proprietaria dello stabile, ha trovato un nuovo alloggio per i 15 residenti regolari e 52 irregolari “meritevoli di tutela sociale”.