Fonte: Ilcittadinomb.it
Desio – Incendi, intimidazioni, minacce. Classici avvertimenti mafiosi. Che avvengono non in Calabria. Ma a Desio. La maxi operazione Infinito dello scorso luglio ormai ha scoperto le carte e ha rivelato la presenza della ‘ndrangheta anche nella nostra città, sede di un “locale” delle ‘ndrine. Figura anche nella cartina pubblicata giovedì sul sito del Corriere della Sera, dal titolo “Mafiopoli”, la “mappa interattiva dei clan”. Tra i luoghi segnalati in Lombardia c\’è Desio, citata non solo perché sede di un locale ma anche per la presenza della cava di via Molinara.
Ora si aggiunge un\’ulteriore conferma alla presenza della ‘ndrangheta in città. E\’ la coraggiosa testimonianza di un muratore di origini romene che, al contrario di tanti altri, ha deciso di metterci la faccia. L\’immigrato ha partecipato lunedì a Milano alla conferenza stampa di presentazione dell\’Osservatorio Sociale sulle mafie, promosso da Cgil, Libera e Legambiente. Rilanciando l\’allarme per il settore edile, soprattutto in vista dell\’Expo, il muratore ha ricordato una serie di episodi avvenuti nei cantieri in cui ha lavorato, tra cui Desio: danneggiamenti, incendi e intimidazioni.
A microfoni spenti, l\’uomo, attento a misurare le parole per evitare problemi, spiega qualche dettaglio in più. “Ho lavorato molto a Desio, dal 2002 in poi. Ero alle dipendenze di una ditta che aveva un sub- sub appalto, se si può dire così”. Il muratore spiega di aver lavorato in alcuni quartieri della città. “Ci occupavamo del movimento terra, usavamo gli escavatori. Siamo intervenuti sulle strade. In particolare, ricordo che siamo intervenuti nella zona vicino all\’ospedale e vicino ad una chiesa moderna (probabilmente San Giovanni Battista ndr) . E anche al parco comunale”.
Il romeno ricorda: “Il mio capo otteneva il subappalto da ditte che a loro volta lavoravano in subappalto. Tutto era nelle mani di imprenditori calabresi e siciliani, che erano in affari tra di loro”. E accadevano episodi inquietanti. “Il mio era sotto pressione. Lo sapevamo tutti. Ricordo che un giorno mi sono presentato al lavoro e ho trovato il nostro mezzo, un furgoncino, completamente bruciato. Era ovvio che si trattava di un avvertimento mafioso. Lo avevamo capito tutti”.
Che cosa è successo poi? Chi erano i datori di lavoro? E con chi lavoravano? “Troppe domande – si sfoga, innervosito, il romeno – ci sarebbero altre persone che potrebbero parlare al posto mio, eppure non dicono nulla. Mandano avanti me, che sono straniero. Perché devo andarci di mezzo io con la mia famiglia?”.
P.F.