Ieri, 8 novembre 2022, la Prefettura di Torino ha notificato a me e ai miei familiari, il formale diniego alla richiesta di accesso agli atti del procedimento amministrativo, finalizzato alla revoca della scorta.
Rilevo una prima anomalia della missiva nell’aver indirizzato il documento rispettivamente ad ognuno di noi e per conoscenza al Ministero dell’Interno – UCIS. Qualcosa non torna: nella prima notifica era chiaro che la Prefettura di Torino mi portava a conoscenza che era il Ministero dell’Interno – UCIS – ad aver avviato il procedimento. Come mai adesso si invia per conoscenza a chi in realtà è stato il promotore dell’azione?
Mi si scrive che le motivazioni del diniego risiedono nel fatto che la documentazione da me richiesta, in base a quanto disciplinato da un recente decreto del Ministero dell’Interno, emanato in ottemperanza alla disciplina dell’art. 24 della l. 241/90, rientra fra quelle classificate come inaccessibili “per motivi di ordine e sicurezza pubblica ovvero ai fini di prevenzione e repressione della criminalità” e in particolare riguardano “gli atti istruttori e i documenti relativi ai provvedimenti ed alle direttive adottate per la tutela e la protezione delle persone esposte a pericoli o minacce anche potenziali, per sé o per i propri familiari”.
L’assurdità è che a fare richiesta di accesso agli atti non è un terzo, sono io, il diretto interessato. Avrò diritto di sapere quali informazioni il Ministero, la Prefettura ecc., possiedono che riguardano l’incolumità e la vita, mia e della mia famiglia? A me è stato chiesto di presentare memorie scritte e documentazione, ma io non ho titolo a conoscere quali atti detiene il Ministero dell’Interno tali da poter revocare la scorta a me, mia moglie e i miei figli?
Vi è di più: il diniego di accedere agli atti è determinato dal ritenersi riferito a “persone esposte a pericoli o minacce anche potenziali, per sé o per i propri familiari”, ma nel contempo riguarda un procedimento amministrativo che ha come scopo la revoca delle misure di tutela.
In ultimo lo stesso articolo di legge citato nel diniego, l’art. 24 della l. 241/90, al comma 7 dice che “deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. ” È o non è un mio interesse giuridico venire a conoscenza di ciò che ha determinato la valutazione del Ministero di potermi revocare il diritto alla tutela?
Sono stanco di dover sempre controbattere per vie legali all’evidente negazione dei nostri diritti, seppur ammantata da norme di legge. A queste domande vorrei che chi di competenza rispondesse direttamente, questa volta convocandomi, parlando, perché ripeto: non sono una pratica, sono una persona e come tale vorrei essere trattato.
Invece, ancora oggi, ancora una volta, con linguaggio esclusivamente burocratico, in un dedalo di citazioni normative che ho volutamente riportato, in poche righe hanno liquidato una questione come lo status di sicurezza di quattro persone.
E per assurdo si dice chiaramente che le proprie questioni attengono ancora “a persone esposte a pericoli o minacce anche potenziali”!
Se non fosse vero, con tanto di carta intestata, timbri e firme, potrebbe sembrare una delle migliori pagine di teatro dell’assurdo!