\” Don Pino Puglisi sarà beato: il suo martirio è stato riconosciuto. Il Santo Padre ha, infatti, accolto la causa di santificazione del sacerdote ucciso da Cosa Nostra nel 1993.
Lo diciamo con chiarezza: è un segnale forte quello che la Chiesa ci ha dato. E\’ arrivato il momento di attaccare, finalmente in profondità, i meccanismi del consenso sociale delle mafie, che nelle realtà interne si sono sempre giovate di un rapporto per lo meno ambiguo con la religione.
La Chiesa ha fatto una scelta importante che però va testimoniata anche a livello territoriale: con coraggio e senza cedere alla tentazione delle complicità con le famiglie mafiose.
Cristo è LIBERAZIONE, AMORE PER I DEBOLI, SPERANZA: l\’esatto contrario del codice valoriale dei mafiosi. La croce di Cristo è il simbolo della vita: le armi dei mafiosi, della morte. Non c\’è mediazione alcuna con questi vili criminali.
Don Puglisi, con Don Peppino Diana, e tanti altri sacerdoti, sono la nostra stella polare di uomini e cristiani: NOI VOGLIAMO QUESTA CHIESA, non quella dei compromessi o peggio del sostanziale appoggio ai clan. Speriamo di poter essere realmente dinanzi a un momento nuovo di assunzione di responsabilità.
NOI CONTINUIAMO A ORGANIZZARE IL CORAGGIO\”
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Fonte: Il Quotidiano della Calabria – L\’arcivescovo di Catanzaro ha portato avanti la causa di canonizzazione del sacerdote palermitano ucciso per aver predicato il Vangelo nel quartiere dei boss: «La proclamazione del martirio segna uno spartiacque per la Chiesa e smaschera la falsa religiosità dei mafiosi»
IL primo «martire» cristiano della mafia è un siciliano. Ma la sua vicenda riguarda anche la Calabria: «Riconsocere formalmente come martirio l\’omicidio di don Pino Puglisi è un messaggio chiaro per tutti i cristiani che vivono in contesti segnati dalla criminalità organizzata: ora non c\’è più spazio per l\’ambiguità» afferma Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro ma siciliano d\’origine e postulatore della causa di canonizzazione del sacerdote palermitano.
Nel documento che Benedetto XVI ha firmato e consegnato al cardinale prefetto della Congregazione delle Cause dei santi, viene infatti riconosciuto che gli assassini di don Puglisi hanno agito «in odio della fede». Un\’espressione che, nella terminologia ecclesiale, significa che è stata la predicazione del Vangelo da parte del parroco di Brancaccio a causare la sua morte violenta, in quel 15 settembre del 1993 in cui compiva 56 anni. Ed è per questo che il decreto di martirio, che permetterà di proclamare don Puglisi beato senza attendere il riconoscimento di un miracolo, costituisce per Bertolone «uno spartiacque assoluto per la Chiesa».
Dopo il «convertitevi» che Giovanni Paolo II gridò ai mafiosi nel corso della sua visita ad Agrigento del 1993, l\’atto formale sottoscritto da Benedetto XVI, secondo l\’arcivescovo, «smaschera la falsa religiosità dei mafiosi, rimarca la totale incompatibilità della vita cristiana con le situazioni in cui cercano di infiltrarsi gli interessi della criminalità organizzata». Don Puglisi, infatti, «tolse potere al dio dei mafiosi con la sola forza del Vangelo: non si schierò contro qualcuno, ma educò le coscienze e non si tirò mai indietro». E questo esempio, insiste Bertolone, coinvolge in particolare «la Chiesa che opera nei territori in cui è presente la criminalità organizzata, sia essa la mafia o la camorra o, come avviene in Calabria, la \’ndrangheta».