Fonte: La Stampa – Cercavo un terreno su cui costruire una nuova casa per la mia famiglia. A Leinì, siccome mio padre era sindaco, nessuno si fidava di cedermi un terreno. Ho tentato vanamente a Volpiano. Poi Gambarino mi disse che aveva opzionato un terreno a Castiglione». Comincia così la deposizione di Claudio Coral, figlio di Nevio (in carcere per concorso esterno nella ‘ndrangheta) e marito di Caterina Ferrero, l’assessore regionale alla Sanità dimessasi dopo il suo arresto nello scandalo che la coinvolse con il braccio destro Piero Gambarino. Delle loro ville in costruzione sulla collina torinese La Stampa ha riferito per gli impresari in odor di ‘ndrangheta che hanno collaborato alla realizzazione del complesso oggetto (fra l’altro) di un grave abuso edilizio. Nevio Coral viene sentito sull’argomento e in particolare su soggetti e società coinvolti nelle opere cui i magistrati paiono interessati. Dai verbali, di Coral figlio e della moglie, emerge uno scenario poco rassicurante.
La testimonianza di Claudio Coral è del 17 ottobre. Sette giorni prima era toccato alla moglie: «Non ho parlato con mio marito del fatto che talune persone coinvolte nell’operazione Minotauro possano corrispondere a quelle che avevano lavorato per la nostra villa e possano aver richiesto la mediazione di mio suocero». L’ex assessore aggiunge: «Conosco un certo Iaria che lavorava nel cantiere della Coral, di nome fa Giuseppe o Giovanni». Entrambi in carcere: il nipote è capolocale in zona con dote di padrino, lo zio fu vicesegretario provinciale Psi. Ferrero e marito hanno dato atto che Gambarino non pagava i fornitori. Claudio Coral è il più documentato: «Il movimento terra è stato svolto per una parte dalla Co.Sca.Vi, il resto da un certo Renato». Spanò, amico degli «amici», fra cui Achille Berardi e Valerio Ierardi, esattori delle rispettive ‘ndrine e soci in affari di Gambarino.
Torniamo al racconto di Coral junior: «Uno della Co.Sca.Vi venne alla nostra ditta per fare in modo che mio padre convincesse Gambarino a pagarlo. Io mi arrabbiai, perché io aveva pagato Gambarino e dunque noi Coral non dovevamo essere coinvolti…». Aggiungerà: «Non so dire se Iaria Giovanni, che lavorava per Macrina Valter (altro arrestato per Minotauro, ndr.) ditta che aveva rapporti con la nostra Immobiliare Caver srl, abbia collegamenti, conoscenze o altro in Co.Sca.Vi.». In chiusura di interrogatorio i pm Stefano Demontis e Paolo Toso gli mostrano le foto dei due Antonio Agresta arrestati nel maxi-blitz contro la ‘ndrangheta a Torino: uno detto «Totu», l’altro «Totu I Natale». Il verbale non chiarisce altro se non che Claudio Coral non li riconosce. Si tratta di pezzi da novanta della «locale» di Volpiano dove Coral padre si candida a sindaco nelle ultime elezioni (e perde). La Co.Sca.Vi. che interessa ai pm ha sede nello stesso centro. Anche altri «soggetti» citati dai pm gravitano nella zona. «Coincidenze» che sembrano offrire una chiave di lettura ad un’affermazione di Piero Gambarino nel suo ultimo interrogatorio prima della scarcerazione: «Nevio Coral era molto arrabbiato con me perché, sosteneva, gli facevo fare brutta figura con i fornitori».
Se per cacciare Gambarino dall’assessorato regionale alla Sanità il governatore Cota si era rivolto persino al ministro della Salute e questi ne aveva parlato con Caterina Ferrero, c’era motivo che i pm chiedessero conto anche a Coral figlio dell’ostinazione della moglie nel tenersi accanto un collaboratore di cui si dava per imminente l’arresto. Il testimone risponde così: «Devo dire che dopo la questione dell’indagine per presunto abuso edilizio ho rappresentato a mia moglie che Gambarino era uno che combinava pasticci e le ho chiesto, e mi sono chiesto, la ragione per cui lei continuasse ad avvalersi della sua stretta collaborazione. L’idea che mi sono fatto è che Gambarino aveva una certa esperienza, conosceva “cinquantamila persone”…».
La diretta interessata, alla medesima domanda, ha risposto: «Non ricordo se il ministro Fazio mi abbia parlato di informazioni ricevute da un generale della Guardia di Finanza. Mi diceva che aveva sentito anche lui delle voci su Gambarino. Replicai che occorrevano elementi concreti. L’unica volta che sentii parlare di un suo arresto fu a dicembre 2010 quando il capo di gabinetto del presidente Cota ne riferì».