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\”Io continuo a non capacitarmi della miopia con cui l\’intera Europa (non certo solo la Germania) sta gestendo questa crisi.

Invece di preoccuparsi dei popoli e delle nazioni, si continua a parlare di rigore, di sacrifici, di rigore di bilancio.

Ma chi li fa i bilanci se non gli uomini e le donne che con il loro lavoro pagano le tasse e consumano i beni e i servizi europei? Come si fa a parlare solo di tagli e di rigore mentre assistiamo al completo sfascio di tutta quanta l\’architettura europea? Ce lo ricordiamo o no che questa crisi nasce dall\’avidità speculativa di pochi che hanno ridotto intere popolazioni alla fame?\”

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Fonte: La Repubblica – Sempre nuove difficoltà sulla via del salvataggio dell’euro. Il costo delle misure di soccorso ai paesi in crisi, denuncia la Spd (socialdemocrazia, il primo partito d’opposizione in Germania) ammonta ormai per Berlino a mille miliardi. La Cdu e l\’Fdp attaccano invece Mario Draghi, colpevole di aver trasformato la Bce in una bad bank, dedita al salvataggio degli Stati. Nelle stesse ore il portavoce della Cancelliera Angela Merkel respingeva esplicitamente l’ipotesi di un rinvio delle scadenze poste alla Grecia per il risanamento dei suoi conti pubblici. E secondo molti media, l’aumentata incertezza e la prospettiva di un crescente indebitamento della Germania per aiutare gli altri paesi dell’eurozona sta cominciando a causare una fuga dai Bund, i titoli sovrani tedeschi.

Sull\’Handelsblatt on line- Klaus-Peter Willsch (Cdu) e Frank Schaeffler (Fdp) attaccano Mario Draghi, \”ha fatto della Bce un finanziatore di Stati e una bad bank\” e chiedono che la Germania conti di più in Bce. Per Willsch \”serve una nuova regolamentazione del peso dei voti nelle sedi decisionali Bce in proporzione alle resposabilità\”. L’allarme della Spd, invece, è stato lanciato da Carsten Schneider, responsabile della politica di bilancio per il partito. La cancelliera, egli ha detto, minimizza quando il suo governo parla di costi nell’ordine dei 310 miliardi per la Germania a causa della crisi finanziaria. In realtà, spiega Schneider, la Germania si è accollata (tra aiuti, crediti e garanzie, con la sua alta percentuale di partecipazione a tali programmi salvaeuro insieme ai partner, dato il suo peso economico) non soltanto alti costi per i due pacchetti di salvataggio già varati per Atene e per altri paesi in crisi, bensì “garantisce anche  per somme molt più grandi, per le transazioni finanziarie della Banca centrale europea (Bce)”. Implicitamente, l’esponente socialdemocratico sembra sottolineare il peso per la Germania dei programmi di acquisto di titoli sovrani di paesi deboli, che il presidente della Bce ha preannunciato per aiutare a risolvere la crisi della moneta unica.

Su questo sfondo, e mentre alla fine della settimana prossima il primo ministro ellenico Antonis Samaras è atteso a Berlino per un difficile colloquio con Angela Merkel, il portavoce della cancelliera ha messo le mani avanti. Dicendo subito di no all’ipotesi, che si dice Samaras voglia chiedere, e che era stata avanzata anche dall’ex cancelliere socialdemocratico Gerhard Schroeder, di concedere altri due anni ad Atene per il risanamento dei conti pubblici, quindi fino al 2016 e non già fino al 2014. Le scadenze restano quelle fissate e vanno rispettate, ha sottolineato il portavoce, sottosegretario Steffen Seibert. Aggiungendo che per Berlino restano validi gli impegni assunti dalla Grecia con la trojka Unione europea-Bce-Fondo monetario internazionale, e che il prossimo rapporto sulla situazione greca e il grado di attuazione degli impegni di risanamento da parte di Atene, rapporto atteso per settembre, rimane “la base di ogni decisione futura”. Un’uscita della Grecia dall’euro insomma continua a non essere esclusa, a prescindere dalle conseguenze che avrebbe sui mercati e per gli altri paesi deboli dell’eurozona.

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