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Fonte: laprovinciadicomo.it

Mentre i fuochi d\’artificio illuminavano la benna griffata Perego, impegnata a dare i primi colpi di grazia alla Ticosa, la società del canturino Ivano Perego iniziava a cambiare pelle. E – nella lettura degli uomini dell\’antimafia – ad aprire i propri cantieri ai mezzi della \’ndrangheta. Correva l\’anno 2007 e mancavano ancora tre anni al clamoroso blitz che ha portato all\’arresto dell\’ex amministratore della storica azienda che ha contribuito – tra l\’altro – alla realizzazione del nuovo ospedale Sant\’Anna, alla demolizione dell\’ex Lechler di via Bellinzona e dell\’ex Ticosa a Como, all\’edificazione di un «nuovo centro industriale in Orsenigo», oltre che a opere «nel cantiere per City Life, nell\’area ex Ansaldo, nel nuovo edificio da adibire a struttura giudiziaria davanti al Palazzo di Giustizia di Milano, nel deposito automobilistico ATM e della polizia municipale di Milano. Insomma, praticamente in tutti i maggiori appalti della Regione».
Storia sintomatica, quella della Perego, dei suoi camion e delle sue benne. Al punto che il pubblico ministero Alessandra Dolci, che ieri ha iniziato la sua lunga requisitoria nell\’udienza preliminare a carico di un centinaio di presunti appartenenti della \’ndrangheta in Lombardia, ha più volte citato l\’azienda che tanti lavori ha fatto in città: «È sbagliato pensare che la \’ndrangheta sia solo quella delle attività illecite – ha detto il magistrato – Perché ormai va ricercata all\’interno di attività lecite». Come la Perego: «Un\’attività imprenditoriale da sempre lecita» fino al 2007, quando è stata «oggetto delle infiltrazioni» della malavita calabrese, rappresentata da personaggi quale Salvatore Strangio, un lungo elenco di guai con la giustizia e di frequentazioni \”pericolose\”.

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