\”Sono metastasi che, partite dal cuore della mia terra, la Calabria, si sono espanse in tutti i tessuti del Paese, e non solo. La droga è certamente il maggior generatore di profitti per la \’ndrangheta, che poi reinveste gli enormi capitali accumulati in attività \’lecite\’, ripulendo così il denaro. E\’ il loro gioco, è la loro legge, e portano avanti questo disegno da sempre.
Per fare gli accordi sul traffico di droga bisogna avere una dimensione internazionale di cui solo ora ci si rende conto: non è più una SPA: la \’ndrangheta è una multinazionale, una vera e propria corporation con ramificazioni in tutto il mondo.
E purtroppo per ogni tentacolo che viene mozzato ne spuntano fuori altri due; ma la battaglia dello Stato e delle forze che fanno della Legalità la propria bandiera non può cessare: reprimere, confiscare e soprattutto fare cultura restituendo speranza ai giovani che vedono nei mafiosi delle persone di successo sono le ricette giuste per eliminare un fenomeno che, ricordiamolo, è un fenomeno umano e quindi ha avuto un inizio e avrà una fine\”
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Fonte: Il Mattino di Padova – Tre distinte organizzazioni “a compartimenti stagni” che agivano, con il benestare della ’ndrangheta per importare tonnellate di cocaina dal Sudamerica da spacciare in tutta Europa. Organizzazioni che si avvalevano dei servigi di faccendieri bulgari, ristoratori veneziani, poliziotti della questura di Venezia, skipper padovani e trevigiani e un’intera famiglia padovana trapiantata in Croazia. E il cui vertice (composto da cinque-sei persone) si incontrava, per mettere a punto i piani per il trasporto della droga, a Padova, a Limena, a Santa Margherita di Codevigo, sotto la casa di un odontotecnico a Ponte San Nicolò, lungo il litorale di Jesolo, o a Chioggia. C’è tanto Veneto nell’operazione conclusa dal Ros di Torino e diretta dalla Dda di Milano che ha disarticolato una gang di trafficanti che conta decine di indagati e 29 arrestati, fra cui quattro padovani, due vicentini e un torinese e un bulgaro entrambi nati a Padova. Gang nata dalla saldatura (per mere ragioni di business) di un’organizzazione bulgara erede diretta della \”vecchia\” mafia di Sofia e una \’ndrina trapiantata in Piemonte ma collegata alla cosca Bellocco di Rosarno. E con propaggini in Veneto.
I militari alle dipendenze del colonnello Tommaso Giorgino, una settimana fa hanno stretto le manette ai polsi di Mattia Voltan (nullafacente), lo skipper padovano che nel febbraio del 2007 era al timone del suo Vascello Blaus VIII (dal valore di 850 mila euro) con un carico di 2.000 chili di cocaina al largo di Madeira, dando il via all’operazione che ha portato in cella anche Antonio Melato, padovano di 55 anni, domiciliato da anni a Dubrovnik, dei figli Alessandro 25 anni e Andrea 31 anni, i torinesi Fabio e Lucio Cattelan di 45 e 63 anni (quest’ultimo nato a Padova) e di Silvio Nikolay Iovtchev, 49 anni, (nato a Padova, domiciliaro a Limena e residente in Bulgaria). Oltre che di Nicolov Evelin Banev (nella foto grande), 48 anni, detto “il nonno” o semplicemente “B”, il finanziatore occulto, potentissimo affarista attorno al quale girava il business milionario (carabinieri che hanno sequestrato quasi 10 tonnellate di cocaina e 10 milioni di euro). Affarista che più volte aveva spedito i suoi emissari (Matey Boev, 37 anni e Tinko Garev 41 anni) a Padova per incontrarsi con “Tony” Melato. Come quella volta del febbraio del 2008 per organizzare una nuova spedizione dopo il sequestro del Blaus.
Per la procura i capi delle tre organizzazioni “ a compartimenti stagni” erano Silvio Nikolay Iovtchev, Nicolov Banev e, appunto Antonio Melato. Banev e i suoi, infatti, parlavano solo con Melato, Melato dialogava con Iovtchev, mentre i due bulgari nemmeno si conoscevano. In questo modo l’organizzazione era sicura che, scoperto uno dei “rami d’azienda”, gli altri sono sarebbero stati intaccati. Ma il certosino lavoro d’indagine (durata sette anni) ha permesso di scopre i legami fra le varie anime della banda, dai capi fino ai galoppini, ai quali erano chiesti compiti da comprimari.
Il Veneto, da sempre in prima fila per quanto riguarda droga e spaccio, dunque, è diventato anche terreno fertile per il reclutamento della ’ndrangheta.