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La nascita di un nuovo codice, in Giurisprudenza, è sempre  un sollievo per i tecnici del diritto. Così dovrebbe essere anche per il neonato Codice Antimafia, chiamato a raggruppare in un unico testo tutte le disposizioni normative in materia di lotta alla Mafia. “Dovrebbe” perché non mancano i coni d’ombra, le zone grigie, i punti di grande perplessità, che già a un mese dalla pubblicazione del Codice fanno  interrogarsi e discutere avvocati e magistrati di mezz’Italia.

Intervento importante quello del Presidente dell’Ordine degli Avvocati Giuseppe Iannello: “Il nuovo codice Antimafia è nato sotto luci alterne, ci sono polemiche effettive sulla sua efficacia. A prescindere dal Codice, ci sono aspetti inquietanti che permettono il  proliferare della malavita, uno su tutti quello della lungaggine burocratica che segna ogni procedimento. La giustizia deve prendere una nuova tendenza per recuperare credibilità nei cittadini. Non ci illudiamo delle tante operazioni andate a buon fine: non abbiamo ancora sconfitto niente”. E’ intervenuto anche il Presidente della Camera Penale di Catanzaro Aldo Casalinuovo, soffermandosi sul tema delle garanzie, e sull’importanza del diritto di difesa, garantito costituzionalmente all’art. 24.

Ad entrare nel vivo della discussione relativa ai contenuti del codice, ci pensa Alberto Cisterna (Procuratore Aggiunto Direzione Nazionale Antimafia). “Il Codice Antimafia lascia insoddisfatta l’attesa di una disposizione sistematica, è un’opera utile ma incompleta, in cui comunque ravviso una modernità di costruzione, secondo cui non esiste la Mafia ma le mafie, perché è diverso il contesto in cui le condotte criminologiche vengono descritte. Il codice offre un ventaglio di interventi, non è più ‘giuridicocentrico’ ma coinvolge un pantheon di soggetti per cui il contrasto non è più monocorde e affidato al magistrato”. Problema di indubbia dimensione è quello relativo ai soggetti terzi, agli altri. Quegli “altri soggetti in vista dei quali l’associazione mafiosa opera che ci indica il 416 bis.Altri da non identificare con i concorrenti esterni, ma “soggetti terzi” che beneficiano dell’azione delle cosche, una vera zona grigia”. Il nuovo codice, in breve, li considera ancora “terzi”, un’imprecisione che accende dibattiti inestricabili, così è stato anche per il convegno dell’Aiga. “In conclusione –ha detto Cisterna- il messaggio da cogliere in questo Codice è che non dobbiamo avere timore a dimostrare la nostra buona fede. E’ regola importante che tocca l’onore e riguarda la condotta specie dei cittadini calabresi”.

Luigi Fornari, Ordinario di Diritto Penale presso l’Università Magna Graecia, si è soffermato sul tema delle misure di prevenzione, altra tematica che non trova d’accordo, così com’è affrontata nel nuovo Codice, gran parte degli operatori del Diritto. “In questo codice si può dire manchi tutta quella parte che attiene al cd “doppio binario” –ha detto Fornari- ed in parte è comprensibile il perché. Ad esempio è comprensibile la difficoltà di estrapolare tutte le norme sui reati e unirle in un unico testo. In linea di massima il Codice però costituisce in buona parte un’occasione mancata. Permangono difficoltà sull’applicazione delle misure di prevenzione, a rischio della loro stessa natura preventiva specie quelle patrimoniali, che potrebbero essere dichiarate incompatibili a Strasburgo. Si poteva fare molto meglio, con una ridefinizione degli scopi delle misure di prevenzione, specie patrimoniali”. Sulla stessa scia e con parere analogo si sono espressi l’avvocato penalista Salvatore Staiano (“Il Codice Antimafia è un’occasione mancata, con cui sono cambiate pochissime cose. A mio parere –ha detto- sono tutte norme che finiranno davanti la corte di Strasburgo. Discutibili le norme che rendono effettiva una vulnerazione del principio del contraddittorio e la precarietà della valutazione della prova”), e Gabriella Reillo, presidente dell’Ufficio GIP GUB del Tribunale di Catanzaro. “Ho ravvisato la tendenza ad allargare le maglie delle misure di prevenzione, specie patrimoniali. –ha detto la Reillo- In un impianto costituzionalmente coerente dunque tendente alla prova piena, le misure di prevenzione dovrebbero andare invece man mano scemando. Sul versante dell’applicazione, il modo in cui vengono gestiti i beni sequestrati ha un ritorno d’immagine sbagliato per la società. Sarebbe necessario che l’Agenzia di Reggio Calabria si attrezzasse meglio e di figure specialistiche più tecniche e competenti nella gestione del bene sequestrato. Il nuovo codice –ha concluso- ha un taglio soprattutto penalistico e poco economico. C’è nel codice la volontà di sistematizzare con eccessiva anticipazione sanzionatoria e diffidenza con l’hinterland economico e sociale”.

Si è espresso sugli stessi temi  il Procuratore Aggiunto DDA Catanzaro, Giuseppe Borrelli, secondo cui “La previsione di termini è un fatto non necessariamente negativo e la prevalenza del procedimento di prevenzione crea la possibilità che il magistrato si veda privato dell’amministrazione del bene che viene spostato rispetto il luogo in cui si trovava”. Lungo spazio poi alla trattazione di altre tematiche, tra cui quella del concorso esterno nell’associazione mafiosa, su cui ha relazionato Giancarlo Bianchi, Presidente del Tribunale Penale di Vibo. Grande assente al Congresso, il Procuratore Aggiunto DDA di Reggio Calabria Nicola Gratteri, uno dei magistrati in prima linea, da sempre, nella lotta alla Mafia.

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