Certo che l’immigrazione è diventata la specialità del Ministero dell’Interno e del suo Ministro.
La vera emergenza è che la mafia è tanto espansa ed efficace da aumentare il Pil e le risorse dello Stato italiano in questo campo si vuole siano sempre meno.
Così come la burocrazia, lenta e ferraginosa, attanaglia vicende di testimoni per troppo tempo, non offrendo soluzioni energiche nei tempi giusti.
Esprimere debolezza vuole dire lasciare stare. Arrendersi. Abbandonare il campo!
E per coloro che ormai da anni si trovano all’interno del sistema di protezione?
Si abbandonano al proprio destino, in questo caso certo della vendetta criminale, e il problema è risolto.
L’ Italia non può demandare ad altri paesi un problema così importante e profondo che la stringe nel cuore.
Ma interessante è l’ articolo di Saverio Lodato che cita testualmente: ”Uno Stato-Mafia e una Mafia-Stato sono le entità che resero possibile la carneficina in Sicilia che ebbe come vittime tutti coloro i quali credevano di avere le spalle coperte dallo Stato. D’altra parte, se avessero avuto ragione loro, non sarebbero stati massacrati dal tritolo e dai pallettoni. Invece avevano torto. Andavano allo sbaraglio mentre Stato-Mafia e Mafia-Stato li pugnalavano alle spalle”.
(http://www.antimafiaduemila.com/saverio-lodato/signora-falcone-parli.html#.VD9mTyVqGoU.email).
I testimoni e pentiti costano troppo. E lo Stato pensa di mandarli all\’estero- L\’ESPRESSO- 14 ottobre 2014
Le persone sottoposte a programmi di protezione hanno superato quota 6000. E In sei mesi sono stati spesi oltre 42 milioni di euro. Alfano parla di \’emergenza\’. E il Viminale spera in un aiuto dagli altri Paesi. DI CLEMENTE PISTILLI
http://espresso.repubblica.it/attualita/2014/10/13/news/boom-di-pentiti-1.183879
Il numero dei collaboratori e dei testimoni di giustizia è in aumento E in soli sei mesi lo Stato ha messo a bilancio oltre 42 milioni di euro per il loro sostegno economico. La soluzione? Proteggerli sì, ma all\’estero. Un sacrificio enorme chiesto a chi ha dato un contributo alle indagini. E soprattutto a quei commercianti e imprenditori che non hanno commesso alcun reato, ma liberamente e con coraggio hanno scelto di denunciare.
Le persone sottoposte a programmi di protezione, il dato è di fine giugno, hanno superato quota 6000. Mai così tante dal 1995. Un aiuto notevole nella lotta al crimine organizzato, che rischia di innescare un problema di risorse per lo Stato, privo di mezzi e uomini a sufficienza per garantire ai pentiti, ai testimoni e ai relativi familiari la necessaria sicurezza e il sostegno economico.
In sei mesi sono stati spesi oltre 42 milioni di euro, il Ministero dell’interno ha cercato di risparmiare in tutti i modi, ma mancano finanziamenti adeguati. A lanciare l’allarme è stato lo stesso ministro Angelino Alfano, in una relazione inviata a Montecitorio e relativa al monitoraggio compiuto sui programmi di protezione, tra gennaio e giugno di quest’anno. Il fenomeno della collaborazione è stato definito dal Viminale “in crescita esponenziale”. La protezione è stata concessa a 1158 collaboratori di giustizia (1144 nel 2003), a 86 testimoni di giustizia (80 nel 2003) e a 4759 familiari di pentiti e testi, per un totale appunto di 6003 persone. In sei mesi una crescita di 162 unità.
I pentiti di camorra sono 521, di Cosa Nostra 289, di ‘ndrangheta 139, della criminalità organizzata pugliese 113 e delle altre organizzazioni criminali 97. Per quanto riguarda invece i testimoni di giustizia il numero maggiore riguarda quelli dei procedimenti contro la n’drangheta (28), seguiti da quelli dei procedimenti contro la camorra (22), Cosa Nostra (15), criminalità organizzata pugliese (7), senza contare quelli contro le altre organizzazioni (14). Per quanto riguarda le nuove richieste di protezione avanzate dalle Procure il numero maggiore è arrivato da Napoli (34), seguita da Bari (5), Salerno (4), Catania (3), Palermo (3), Catanzaro (3), Reggio Calabria (2), Caltanissetta (2). Una sola proposta infine è arrivata dalle Procure di Roma, Perugia, Messina, Lucca, Bologna e L’Aquila.
I pentiti in stato di libertà sono 476, 387 quelli ammessi a misure alternative al carcere e 295 ancora reclusi. La situazione più pesante riguarda, però, i familiari di collaboratori e testimoni, strappati ai loro affetti e alla loro vita, in particolare i minorenni, a cui viene fornito sostegno psicologico. I minori inseriti nei programmi di protezione sono ben 1997, 452 tra 0 e 5 anni, 617 tra 6 e 10 anni, 629 tra gli 11 e i 15 anni, e 298 tra 16 e 18 anni.
Complesso, infine, per lo Stato reinserire nel mondo del lavoro chi aiuta gli inquirenti nelle indagini. In molti finiscono così per continuare a gravare sul bilancio delle spese di protezione. Una piaga. Tanto che Alfano ha parlato di una gestione “sempre più emergenziale”, con una “carenza di disponibilità finanziaria che si protrae ormai da parecchi anni”. Soluzioni dietro l’angolo non se ne vedono e il Viminale spera in un aiuto dagli altri Paesi con uno scambio di ospitalità di nuclei familiari da proteggere tra Stati membri. Per chi decide di collaborare con la giustizia si profila così un ulteriore sacrificio: addio alla propria vita e anche al proprio Paese.
http://espresso.repubblica.it/