Denuncia di Libera al Museo Guatelli di Ozzano. Dito puntato sul traffico degli appalti. Un fiume di denaro derivante da criminalità e droghe permette affari a non finire
Mafie e droga sono un connubio sempre più difficile da spezzare. Coppola e lupara sono state sostituite da giacca e cravatta, al posto dei picciotti ci sono manager che viaggiano con valigie piene di denaro, e lo usano per corrompere, acquistare immobili e terreni, aprire società. Così i soldi sporchi, quelli che provengono dal traffico internazionale di cocaina e dallo sfruttamento illegale delle persone immigrate, finiscono nelle banche, diventano patrimonio dei ricchi del terzo millennio, tornano candidi, puliti e spendibili.
E in tutto questo Parma non è affatto un’isola felice: come zona ricca è diventata territorio di conquista privilegiato delle famiglie mafiose e crocevia del traffico internazionale di stupefacenti, che è ormai l’affare del secolo per le nuove mafie.
Il grido d’allarme è arrivato domenica dal Museo Guatelli di Ozzano Taro, dove l’associazione “Libera”, il circolo Rondine e la Fondazione Museo Guatelli, con il patrocinio dei Comuni di Collecchio e Fornovo, hanno organizzato la “Cena della legalità” in occasione della sagra della Croce.
Alla manifestazione sono intervenuti il sindaco Paolo Bianchi con il vicesindaco di Collecchio, e l’assessore provinciale Giuseppe Romanini.
Dal palchetto allestito sotto il portico in mezzo agli attrezzi della fatica contadina di un tempo, Giuseppe La Pietra (responsabile di Libera Parma), don Tonio Dall’Olio (responsabile di Libera Internazionale) e Pietro Innocenti, direttore di pubblica sicurezza presso il Ministero dell’Interno, hanno descritto il percorso della droga, il ruolo delle mafie nel traffico di stupefacenti e il loro approdo nelle terre ricche del Bel Paese, Parma compresa.
Pietro Innocenti, da oltre 45 anni in Polizia, già questore di Teramo, Piacenza e Bolzano, esperto del Ministero dell’Interno nella lotta contro il traffico internazionale, collaboratore di don Luigi Ciotti, autore del libro “Narcostati in America Latina – Le guerre perdute contro i trafficanti di droga”, ha portato l’esempio di quanto accade in Messico, dove la guerra fra i cartelli ha portato quest’anno a 8.000 omicidi, in gran parte per faide fra le organizzazioni per conquistare il territorio, ma in parte anche fra funzionari di polizia, e persone impegnate nella lotta per la legalità, che hanno cercato di sbarrare loro la strada. Il Questore Innocenti ha quindi spiegato i modi fantasiosi, dai trasporti sul corpo di persone e animali, ai sommergibili telecomandati, per far arrivare enormi quantitativi di droga ai luoghi del consumo.
E i boss, spesso, sono visti come “eroi positivi” dai giovani di Bogotà e di altre città dove comandano i cartelli: quando Pietro Escobar, il più grande trafficante del mondo fu ucciso dalla Polizia, in Colombia divenne un mito, perché a lui si doveva la costruzione di scuole e ospedali, a lui era legato il futuro di tanti ragazzi, che da manovali alimentavano il traffico di fiumi di droga in tutto il mondo.
I numeri sono impressionanti: nel 2010 la Polizia italiana finora ha sequestrato 23 tonnellate di stupefacenti e arrestato 20.000 persone; ma questa è solo la punta dell’iceberg che emerge; quello che passa è molto di più.
E Parma? Anche su quanto accade sul nostro territorio Pietro Innocenti ha fornito dati aggiornatissimi: 29,6 chilogrammi di droga sequestrati nel 2009, di cui 9 di cocaina, 16 di hashish e quasi 4 di eroina. E La Pietra ha ricordato che le infiltrazioni mafiose sono una realtà, come dimostrano diversi episodi, soprattutto nella zona di Fidenza e Salsomaggiore, che hanno portato al sequestro di due immobili nel Parco dello Stirone, e quello che è accaduto con l’arresto e la condanna di Aldo Bazzini, al quale sono stati sequestrati beni per 20 milioni di euro.
E da ultimo, il coordinatore di Libera Parma ha citato due azioni di polizia del 2010: l’operazione Annibale, che ha condotto a due arresti a Fidenza e Bore per il traffico internazionale di droga, e la recente operazione Bogotà, nel corso della quale sono stati arrestati tre parmigiani.
Una denuncia ferma e circostanziata del fenomeno e un invito a non abbassare la guardia è arrivato anche da don Antonio Dall’Olio (definito “globalizzatore dell’antimafia”), che ha esteso il ragionamento ad un altro aspetto del problema, il traffico di esseri umani. Il prete, in prima linea contro la criminalità organizzata – ha messo in guardia contro i rischi prodotti dalla riduzione dello stato sociale (“senza assistenza e sostegno si alimenta la criminalità”) e dalla delegittimazione di quelle forze, a cominciare dai giudici, che sono schierate in prima fila in questa difficile battaglia.
“Abbiamo delegato alla Libia, a Gheddafi – ha constatato con amarezza il sacerdote – il disbrigo di una pratica, il compito di respingere con metodi brutali chi viene solo a chiedere pane e dignità”. E ha concluso con un monito contro il rischio di corruzione culturale delle giovani generazioni, dei ragazzi che fanno un mito di chi viaggia in Maserati, non importa come sia stata comprata.
In perfetta sintonia con queste idee, la serata era stata aperta dalla rappresentazione de “La storia di Vera”, messa in scena al museo dell’arte contadina da “Il gruppo del Quarto Piano”, che ha portato sul palcoscenico le storie reali di Luda, Vera e Mohamed, che hanno pagato con la vita e con il sacrificio della libertà la ricerca di ritagliarsi uno spazio in un mondo sempre più chiuso e ostile.
E Parma, anche in questo, non fa eccezione, basta vedere quel che succede in troppi cantieri troppo poco controllati. Anche su questo aspetto, del traffico negli appalti, “”Avviso pubblico” di Libera potrà dare una mano a vigilare, denunciare e colpire le infiltrazioni più subdole e mascherate, quelle della porta accanto.
La Repubblica – Parma.it
Antonio Bertoncini