Egregio Direttore,
non so se pubblicherà questa lettera sul suo giornale ma io ho sentito ugualmente il dovere di scriverla perché la vicenda che mi appresto a denunciare credo non abbia precedenti nella storia di questo Paese.
In Italia, in una località segreta, vive un uomo, un imprenditore, un calabrese come me, che dieci anni fa, quando ancora la Confindustria non invitava i propri aderenti a farlo, denunciò senza esitazione i suoi estorsori. Non credeva di stare per compiere un gesto eroico, credeva di compiere semplicemente il suo dovere di cittadino, quello di denunciare i criminali che lo avevano preso di mira, perché aveva ed ha tuttora (nonostante tutto) fiducia nelle istituzioni.
Da quel giorno, come si può facilmente immaginare, la vita di questo uomo e della sua famiglia è radicalmente cambiata. Il cittadino che ha fatto il suo dovere, infatti, è dovuto fuggire dalla sua terra e si è dovuto rifugiare in una località segreta insieme con la sua famiglia per prevenire eventuali atti di ritorsione.
I criminali che ha denunciato vivono la loro vita tranquillamente, da persone libere, i loro processi vanno puntualmente in prescrizione cosicché possono continuare a perseguire i propri loschi affari indisturbati mentre lui, il cittadino esemplare, che in un paese normale verrebbe indicato a modello nelle scuole, al quale si dovrebbe come minimo attribuire la cittadinanza onoraria, vive nella prigione della sua casa-rifugio, non lavora più e insieme con la moglie e i figli resiste sperando che i nervi reggano ancora a lungo.
Da quel giorno non sono le persone che ha denunciato ad essere state punite, ad essere state rinchiuse in carcere, ma è lui con la sua famiglia. Il messaggio, l’esempio, che questa vicenda consegna all’intera nazione è chiaro: chi denuncia rischia di fare la stessa fine. Un messaggio angosciante, devastante, che cancella in un colpo solo il futuro di un popolo. Un messaggio che testimonia la debolezza di uno Stato che non riesce più a garantire la sicurezza dei propri cittadini onesti.
Non ha alcun senso parlare di sanità, di pensioni, di legalità, di lavoro, di economia, di società, di scuola, di partito democratico, di primarie, di elezioni, di riforme, di nulla. Se questa vicenda e tutte le altre simili (ma credo e mi auguro che sia l’unica) non si trasforma in una vittoria dello Stato, se non diventa un esempio positivo a beneficio di tutti gli italiani, il resto è solo ipocrisia. L’esempio, infatti, vale molto più delle belle parole. La mafia sa usare molto bene l’esempio, lo Stato no.
Uno Stato, che davanti le telecamere accese e attraverso i propri rappresentanti istituzionali afferma che la lotta alla mafia è una priorità e quando si spengono dimentica chi ancora tiene vivo il senso dello Stato, è solo finzione, è ipocrisia, è reality. Si, perché io non avevo mai avvertito così forte il senso della legalità e dello Stato prima di conoscere Pino Masciari. Nessun rappresentante istituzionale era stato in grado prima d’ora di trasmettermelo.
Devo ringraziare questo coraggioso e onesto imprenditore calabrese se credo che lo Stato abbia ancora un senso, se mi fa sognare in un domani migliore. Perché quando guardo lui, quando lo sento parlare, quando mi fa vibrare le corde della legalità, capisco cos’è lo Stato, vedo lo Stato, lo posso toccare, ed è una sensazione bellissima.
Parafrasando una meravigliosa frase che lo scrittore David Grossman ha pronunciato aprendo il Festival della Letteratura di Berlino lo scorso settembre, posso affermare che c’è un posto nella coscienza, nel cuore, in cui l’esempio di certe persone deve passare attraverso le lame affilate del tempo e dell’ingiustizia, come un raggio di luce, per scomporsi in una miriade di suoni e di colori. La storia lunga e dolorosa di Pino e della sua famiglia si è scomposta dentro di me e dentro tutti quelli che ne sono venuti a conoscenza creando in molti un moto di ribellione. Da questa scomposizione è nato un blog www.pinomasciari.it dove tutti quelli che desiderano stringersi intorno a Pino ed alla sua famiglia possono farlo. Ma soprattutto è nata una rete di persone consapevoli, motivate, determinate a far sì che questa persona riprenda a vivere insieme con la sua famiglia una vita normale, che si è data appuntamento a Roma il 19 gennaio per una grande manifestazione per la legalità.
Questa lettera rappresenta il mio regalo di Natale per Pino e la sua famiglia, è un sentimento di gratitudine per avermi donato, attraverso il loro esempio, il vero senso dello Stato.
Scrivo a lei, direttore, perché pubblicando questa lettera possa contribuire a divulgare un esempio positivo in questa direzione, di cui c’è tanto bisogno, soprattutto in un momento come quello attuale in cui, la mancanza di reazione da parte dello Stato (cioè da parte di tutti noi), rischia di far apparire il numero degli esempi negativi di gran lunga superiore.
Massimiliano Capalbo – Catanzaro