Pubblichiamo di seguito l\’articolo scritto da Antonella Crippa per il quotidiano Il Cittadino, in seguito all\’incontro che si è tenuto il 23 settembre a Giussano (MB) organizzato dal presidio locale di Libera.
Pino Masciari è un imprenditore edile calabrese. Ha 52 anni, da 13 è sottoposto a programma speciale di protezione insieme alla moglie e ai loro due bambini. Ha denunciato la ‘ndrangheta e le sue collusioni con il mondo della politica.
La mafia ha distrutto le sue imprese, bloccandone le attività, rallentando le pratiche nella pubblica amministrazione dove è infiltrata, intralciando i rapporti con le banche. Tutto ciò dal giorno in cui Masciari ha detto basta alle pressioni mafiose dei politici e al racket della ‘ndrangheta. L’altra sera, il testimone di giustizia ha incontrato i cittadini di Giussano, Comune finito al centro delle cronache per l’inchiesta Infinito che ha smantellato gli addentellati locali delle cosche calabresi. Un’iniziativa dal locale coordinamento di Libera.
«Sono un imprenditore che ha deciso di essere libero – ci ha raccontato prima dell’incontro – davo posto di lavoro a 200 persone, in Calabria. Quando si sono presentati per chiedermi il pizzo non mi sono lasciato sopraffare, anche se le intimidazioni sono state tante: colpi di lupara, distruzione di mezzi, incendio di capannoni, fino ad arrivare a toccare l’incolumità di alcuni miei familiari. Ho denunciato tutto, con nomi e cognomi. Da allora però la mia vita non è più vita.
Il 17 ottobre 1997 sono scappato in piena notte per salvare me stesso, mia moglie e i miei due bambini di uno e due anni. Per anni abbiamo vissuto reclusi tra quattro mura, prigionieri, privati dell’affetto dei parenti e degli amici.
Ora sono circondato di persone che con il loro affetto mi hanno fatto capire di non essere solo: non sono più un imprenditore, sono solo un padre che vorrebbe garantire una vita dignitosa ai suoi figli, portando avanti la lotta per i valori di dignità e giustizia di cui il nostro Paese ha tanto bisogno.
Mi fa rabbia oggi quando vedo imprenditori che prima di denunciare fanno i conti. Denunciare non può diventare una questione economica, è etica, è moralità. Valori che non vanno certo per la maggiore, in Italia».
Cosa significa per lui essere a Giussano? «In Calabria la mafia ha condizionato l’ambiente, qui al Nord è stata imposta e accettata. Tanti imprenditori è commercianti l’hanno fatto per scelta. L’Italia deve smuoversi e capire da che parte stare. Io l’ho fatto con normalità. E’ l’Italia che non è normale, che va in contro tendenza a tutti gli altri Paesi europei. Abbiamo un Antistato che è parallelo allo Stato. E mentre lo Stato riconosciuto dalla Costituzione è in crisi profonda, l’Antistato delle organizzazioni criminali sta facendo affari dappertutto perchè ha tanti soldi da spendere».
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