Ad aprile scorso è stato arrestato insieme allo zio Giuseppe ed altri presunti membri di una delle cosche di \’ndrangheta più famose e importanti, quella dei Pelle «Gambazza» di San Luca, e dalla cella in cui è rinchiuso invia lettere a parenti e amici, ricche di errori di sintassi e ortografia. Niente di male, se non fosse che quegli scritti fanno sorgere un sospetto: come può Antonio Pelle, 24 anni, nipote del boss Giuseppe, che difficilmente prenderebbe la sufficienza in un tema d\’italiano, essere arrivato al corso di laurea specialistica in Architettura, nell\’università Mediterranea di Reggio Calabria, dopo aver sostenuto con successo ventidue esami?
Un percorso degno di uno studente modello che ha avuto il suo picco nel bimestre giugno-luglio 2009, quando il giovane Pelle ha superato nove esami in meno di un mese e mezzo. E che i carabinieri del comando provinciale hanno ritenuto di spiegare con una serie di intercettazioni tra il rampollo dei «Gambazza» e professori, impiegati e ausiliari dell\’università ora indagati dalla Procura antimafia di Reggio (insieme al ragazzo) per i reati di falso e truffa. Sono accusati di aver aiutato Antonio Pelle – un cognome che evoca non solo una famiglia rispettata, ma anche la sanguinosa faida di San Luca – e qualche suo parente a superare test e prove d\’esame.
Il telefono del ragazzo era sotto controllo per altre indagini, e sono state registrate molte conversazioni sul sorprendente cammino universitario di Antonio. Come quella del 2 luglio 2008, quando lo studente telefona a Maurizio Spanò, dottore agronomo forestale che collabora con la facoltà e chiede: «Come si chiama l\’esame?». «Albericoltura generale e coltivazione alborea», risponde Spanò. Solo quel giorno Pelle jr scopre il nome della materia che dovrebbe cominciare a studiare, e il 24 settembre richiama l\’agronomo: «Ascoltami, io vado e mi siedo, se in caso…». L\’esame è fissato per il 26 settembre; alle 10.12 di quel giorno Spanò telefona al ragazzo: «Vieni fuori che ti devo parlare…». Quarantacinque minuti più tardi la prova è superata e Antonio telefona alla zio Domenico che domanda: «Quanto hai preso?». «Trenta! Trenta!». «Alla faccia del cavolo! Meno male! Di che cos\’era?». «Di cosa, di agro… agro… Agricoltura». Ha appena ottenuto il massimo dei voti lo studente Pelle Antonio in una prova di cui non ricorda il nome.
In «Laboratorio di progettazione urbanistica», il giovane Pelle ha preso ventisei, nel luglio del 2009; col docente di quella materia sono state intercettate diverse conversazioni piuttosto amichevoli. Per esempio quelle nei giorni di Natale del 2008, quando il ragazzo chiamava per gli auguri e il professore ringraziava annunciando che «oggi abbiamo fatto la festa a quel coso che ci hai mandato». Tre giorni dopo un altro ringraziamento del docente: «Ma non c\’era bisogno ogni volta che ti devi disturbare», e lo studente: «Un pensierino quanto per gli auguri, professore…».
Stesso trattamento per un fidato collaboratore del titolare della cattedra, che chiamava il giovane Pelle «Antoniuccio mio bello». A Natale del 2008 c\’è la telefonata per «lasciare un pensierino», e con l\’avvicinarsi della Pasqua l\’avviso: «Eh… ora voglio lasciarlo che asciughi… e domani te lo porto, l\’agnellino». Due giorni più tardi, il 12 aprile, ecco la richiesta dello studente: «Il ventuno c\’è l\’esame, no? È scritto? A risposta multipla?». Il collaboratore del professore conferma, e il giovane Pelle dice: «Ah, va bene, allora con me ci vediamo domani, dopodomani?». «Va bene, ci vediamo qua a Reggio». Al Natale successivo è di nuovo tempo di regali: «Vuoi meglio un agnellino o un maialino?» Risposta dell\’assistente. «Secondo me è meglio l\’agnellino…».
In tre anni di intercettazioni i carabinieri hanno registrato 118 telefonate tra Antonio Pelle e il responsabile della segreteria studenti della facoltà di Architettura. Nelle conversazioni il giovane chiede spesso interventi e raccomandazioni su diversi professori, che stando all\’indagine della Procura antimafia hanno fruttato esami e promozioni al nipote di Giuseppe Pelle. Che, sempre secondo l\’accusa, s\’è speso pure – con Catalano e altri dipendenti dell\’università – per far superare i test di accesso ai cugini Francesco Pelle (figlio di Giuseppe), e Maria Antonietta Morabito. Una «manovra» quasi confermata dal boss Giuseppe Pelle, che in una conversazione del 17 marzo 2010, parlando del figlio Francesco, diceva: «L\’abbiamo fatto entrare ad Architettura, tramite mio nipote!». Un nipote che tiene molto alla sua carriera universitaria, tanto che dal carcere di Lanciano dov\’è rinchiuso, il 29 agosto scorso ha scritto al cugino: «Per quanto riguarda l\’istanza dell\’università che gli avevo presentato al gip se mi autorizzava a scendere a Reggio C. a fare gli esami. Ti faccio sapere che il gip mi ha risposto positivamente».
di Giovanni Bianconi (Corriere della Sera)