Il procuratore capo Roberto Alfonso le mafie le conosce come pochi. È arrivato a Bologna nell’autunno del 2009 dopo 15 anni di lavoro alla Direzione nazionale antimafia e non è certo un caso che da allora le indagini sulle infiltrazioni criminali in città e in regione si siano moltiplicate, ottenendo risultati eccellenti dal punto di vista investigativo e allo stesso tempo allarmanti per gli scenari disvelati.
Sulle cronache bolognesi i nomi di clan e ‘ndrine ormai compaiono quasi quotidianamente. C’è di che ragionare.
«Da un anno e mezzo che sono a Bologna io questi ragionamenti li ho fatti spesso. Prima c’era una diffusa perplessità, ora ci si deve rendere conto che le cose stanno così come ho sempre sostenuto».
Un conto è prendere coscienza del problema, un conto è contrastarlo.
«Gli organi di polizia giudiziaria hanno ricevuto da me input precisi, perché è ovvio che noi dobbiamo cercare di individuare i punti sensibili, la presenza di fiancheggiatori, risalire alle organizzazioni criminali di appartenenza e verificare se c’è una rete insediata sul territorio. E i processi ora stanno iniziando a partire».
Questo certifica che le mafie ci sono davvero.
«Ci sono presenze che variano secondo le gradazioni che il territorio consente. Ad esempio, per quando riguarda Reggio Emilia ho sempre parlato di ‘radicamento’, a Modena di ‘infiltrazioni’. Questo ci deve indurre alla massima attenzione, con indagini precise, puntuali e approfondite. Noi dobbiamo essere pronti a farlo, e lanciare segnali serve anche a fare in modo che la collettività tenga alta la guardia».
Ciò significa che finora la guardia è stata piuttosto aperta?
«Noi non vogliamo allarmare nessuno con le cose che diciamo, ma invitiamo tutti a cogliere i segnali e a comunicarli, per il clima di collaborazione che deve intercorrere fra la popolazione, la polizia giudiziaria e l’autorità giudiziaria».
Quanto emerso nelle ultime settimane è il fenomeno o soltanto uno scorcio di esso?
«Sappiamo che di presenze ce ne sono, quindi deve esserci anche una rete di favoreggiatori, che fornisce covi, assistenza logistica e sostegno materiale. Laddove ci sono le reti c’è un insediamento: un latitante non si nasconde in un territorio senza che qualcuno lo supporti e lo aiuti, deve avere sul posto un riferimento stabile».
Si sta scontando ora un ritardo nella presa di coscienza del fenomeno?
«Questo non sta a me dirlo. Io ho colto certi segnali e agito per quanto di mia competenza».
Camorra, ‘Ndrangheta e mafia. Quali sono le organizzazioni criminali più presenti?
«Soprattutto quelle calabresi nella traiettoria da Reggio Emilia alla Lombardia, i Casalesi su Modena. A Bologna abbiamo avuto, come sapete, i Bellocco e Vincenzo Barbieri, ucciso a marzo in Calabria, per citare due casi. La presenza di queste due organizzazioni è evidente, decisamente meno Cosa nostra».
Pensa che finora l’arrivo di capitali freschi sia stato accettato di buon grado, senza farsi tante domande sulla provenienza?
«Dico che bisogna cogliere i segnali e interpretarli. Quando arriva un flusso imponente di denaro verso le imprese è un fatto anomalo. Quindi ci si dovrebbe chiedere chi lo porta, perché lo porta e dove l’ha preso. Se le risposte lasciano aperti elementi di sospetto è meglio restare alla larga».
I singoli cittadini come possono fare la loro parte?
«Collaborando con l’autorità giudiziaria: tutto ciò che può rappresentare un segnale di pericolo va comunicato, poi ci penserà la polizia giudiziaria a interpretarlo, verificando se rivela la presenza di un determinato fenomeno oppure non ha nessun particolare significato. Fare la propria parte vuol dire questo».
Le istituzioni locali e le forze di polizia sono attrezzate per combattere questa battaglia?
«Qui ho trovato organi investigativi di prim’ordine. Avremmo bisogno di essere maggiormente supportati dal centro con più uomini e risorse, non solo finanziarie. Mi riferisco anche agli uffici giudiziari: appena una settimana fa ho detto che siamo affetti da una drammatica carenza di personale amministrativo, nel mio ufficio i colleghi non hanno nemmeno un assistente ciascuno. Questo comporta ritardi e rallenta l’attività».
E gli enti locali?
«Stanno prendendo coscienza. La Regione ha appena approvato una legge contro le infiltrazioni e nelle Province si firmano protocolli per imporre determinati obblighi alle imprese che fanno pubbliche forniture. Quindi, ci si muove, ma questo è un settore in cui occorre fare sempre qualcosa in più».
tratto da Il Resto del Carlino