La verità si sa\’, è come un sassolino nella scarpa, da\’ fastidio, fa\’ male ed impedisce un autonomia di movimento normale. Quando poi la verità tocca la politica e quei politici che la verità preferiscono \”infangarla\”, all\’ora non è solo scomoda ma diventa pericolosa ed ecco che diventa più facile puntare il dito sull\’accusatore che sull\’accusato. E\’ quanto sta\’ succedendo in Lombardia dove alcuni cronisti che si sono occupati delle infiltrazioni della \’ndrangheta nelle istituzioni e nell\’economia lombarda e dove, guarda caso, l\’inchiesta va\’ a toccare la politica del nord nella figura sindaco di Mantova e non solo, si ritrovano indagati per non si sa\’ quale arcano motivo. Ora ovviamente verrà fuori che trattasi di \”atti dovuti\”, \”atto\” spesso utilizzato a sproposito per mescolare un po\’ le carte. Ma mi chiedo, \”l\’atto\” veramente dovuto non sarebbe quello di indagare a 360 gradi su chi si è macchiato di un reato grave come la corruzione e l\’associazione mafiosa invece che mettere sotto inchiesta chi cerca di sollevare il coperchio di questo sistema criminoso? E\’ sempre stato così nel nostro paese perchè è più facile investigare su chi indaga che sull\’indagato, soprattutto quando l\’indagato è un politico. Il più delle volte non è colpa della magistrtura ma di un sistema legislativo e giudiziario da \”rifondare\” e finchè i Governi che si susseguono, senza rivolgere l\’attenzione a questa grave lacuna, non faranno SERIAMENTE qualcosa per invertire questa tendenza, la \’ndrangheta e le mafie in genere, continueranno indisturbate la loro azione criminosa!