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Un reportage di Giovanni Tizian per La Repubblica – Coperti da una fitta coltre grigia gli affari delle \’ndrangheta a nord della Linea Gotica procedono indisturbati. Tra indifferenza e connivenze, le \’Ndrine hanno diversificato gli investimenti: edilizia, movimento terra, cooperative di facchinaggio, autotrasporto, locali notturni, gioco d\’azzardo legale, subappalti, settore immobiliare e sanità. Un\’invasione silenziosa di capitali che altera l\’economia legale. Le imprese della \’ndrangheta fanno concorrenza sleale, offrono servizi a prezzi stracciati. A rimanere fuori dal giro dei subappalti sono le aziende che rispettano le regole, quelle che per esempio, al contrario delle aziende dei boss smaltiscono i rifiuti in maniera legale. Dall\’Emilia al Piemonte, dalla Lombardia alla Liguria, le cosche dettano legge, lavorano nei cantieri pubblici, esprimono preferenze elettorali, entrano nei Comuni, chiedono licenze per aprire locali da imbottire con le video slot, l\’ultima frontiera dei padrini in giacca e cravatta. Ma nelle terre della Resistenza la \’ndrangheta ancora per molti non esiste. Le sparatorie, gli omicidi, le intimidazioni rivolte anche ad amministratori locali, non creano clamore. E figuriamoci le collusioni politiche. Alleanze spregiudicate, mimetizzate tra la nebbia che sfuma i confini tra lecito e illecito. Nell\’ultimo anno i Comuni liguri di Bordighera e Ventimiglia sono stati sciolti per \’ndrangheta. Anche il Comune di Desio, in Brianza, ha rischiato di \”chiudere\” per mafia. E poi ci sono Big della politica regionale come Massimo Ponzoni finiti in storie di corruzione sul cui sfondo si muove l\’ombra delle \’ndrine brianzole. In Piemonte è stata inviata la Commissione di accesso per due Comuni, alcuni sindaci lombardi sono stati indagati, e anche in Emilia i Mammasantissima calabresi flirtano con la politica. Eppure per molti l\’allarme è prematuro. Storie di ordinario negazionismo, \”giù al Nord\”.

Di seguito, il link all\’inchiesta: http://bit.ly/At5pK1

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