\”Bene, così oltre all\’incredibile serie di danni causati da questa vicenda, abbiamo anche la beffa delle autorizzazioni pilotate e della corruzione.
Ogni giorno che passa, a Taranto ne viene fuori una nuova.
Non bastava il danno ecologico e la devastazione ambientale di un territorio meraviglioso come quello pugliese, non bastava il ricatto \’cancro/lavoro, e nemmeno la messa in discussione del posto di migliaia di lavoratori. No, dovevamo anche assistere a fatti di corruzione perpetrati alle spalle dei lavoratori e di tutti coloro che vivono in quel territorio.
Non basta urlare vergogna, però: bisogna indagare ed arrivare fino in fondo, perchè fatti come questi non si devono più ripetere.\”
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Fonte: La Repubblica – Il fumo non c\’è solo nell\’aria di Taranto. Gira fumo anche attorno alle autorizzazioni, alle perizie, ai comunicati stampa che l\’Ilva dei Riva ha perpetrato per anni. Anche su questo fumo la procura di Taranto ha da tempo aperto un\’inchiesta: l\’indagine è per corruzione in atti giudiziari e al centro ci sono i vertici dello stabilimento. Un\’inchiesta delicata tanto quella sull\’inquinamento. Perché racconta chi e come in questi anni ha fatto finta di non vedere. E soprattutto per quanto lo ha fatto, come emerge da una informativa delle Fiamme Gialle.
L\’AIA
Il centro dell\’inchiesta della Guardia di finanza gira attorno all\’Aia, l\’autorizzazione integrata ambientale che il 4 agosto del 2011 il governo Berlusconi rilasciò dopo quasi otto anni di discussione. Bene, il sospetto delle Fiamme gialle è che in quel documento (che ora il ministro Clini vuole rivedere al più presto) i limiti di inquinamento siano stati disegnati appositamente sulle emissioni dell\’Ilva. E\’ un fatto, viene ricostruito in un\’informativa, che l\’allora capo delle relazione esterne dell\’azienda, Girolamo Archinà (rimosso ora dal prefetto Bruno Ferrante) fosse in rapporti con i membri di quella commissione. \”L\’effettiva e la buona riuscita dei contatti – annota la Finanza – si rileva, come si accennava in precedenza, dai costanti aggiornamenti che egli fornisce ai vertici aziendali, con i quali ovviamente condivide le strategie da porre in atto, recependo le direttive che di volta in volta vengono impartite. Nello specifico emerge come anche a livello ministeriale fervano i contatti non proprio istituzionali per ammorbidire alcuni componenti della Commissione IPCC AIA; con i predetti le relazioni vengono mantenute da tale Vittoria Romeo e in parte anche dall\’avvocato Perli\”\”, entrambi consulenti dell\’azienda. Ed è un fatto che l\’avvocato milanese Franco Perli parlando con Fabio Riva dice: \”La Commissione ha già accettato il 90% delle loro osservazioni e che non vi saranno sorprese, anche se la visita va un po\’ pilotata\”.
Vittoria Romeo parla al telefono con Fabio Riva e spiega le loro modalità di movimento.
R.: \”Allora dicevo ad Archinà, se Palmisano che è quello della Regione, tira fuori l\’argomento in Commissione, siccome l\’Arpa deve ancora dare il parere sul barrieramento e a noi serve un parere positivo per continuare a dimostrare che non dobbiamo fare i parchi…\”.
Riva: \”E\’ chiarissimo. Però siccome noi non possiamo assolutamente coprire i parchi perché non è fattibile… tanto vale rischiarla così\”.
R.: \”Valutiamo se la cosa in questi giorni la teniamo al livello di Ticali, Pelaggi, Mazzoni (ndr, presidente e membri della commissione) oppure…\”.
Riva: \”No, picchiamo…. picchiamo duro….\”.
Fabio Ticali era il presidente di quella commissione Aia. La sua nomina destò un certo scalpore: proprioRepubblica raccontò che furono fatti fuori esperti e messi nella commissione Aia signori nessuno, quasi tutti siciliani, come l\’allora ministro Stefania Prestigicomo. E che fu scelto il trentenne Ticali a capo della commissione che aveva come pubblicazione più importante una sul ravaneto stradale.
LA CORRUZIONE
L\’attenzione della Finanza si è concentrata prima sull\’incontro tra Archinà e il perito del pm, il professor Lorenzo Liberti. Secondo l\’accusa ci fu un passaggio di diecimila euro (documentato da alcune fotografie) per ammorbidire una perizia. Secondo gli investigatori anche Fabi o Riva sapeva, tanto da essere ritenuto responsabile di concorso morale nella corruzione.
Riva: \”Ieri come è andata?\”.
A.: \”E\’ andata secondo le aspettative…\”.
Archinà, appunta la Finanza, \”dice al Fabio Riva che consegnando in anteprima le analisi, potrà iniziare a lavorare (sul Liberti) affinché non nasconda che il profilo è identico, bensì che attesti che comunque le emissioni di diossina prodotte dal siderurgico siano in quantitativi notevolmente inferiori a quelli accertati all\’esterno\”.
I Riva quindi vogliono addomesticare le perizie. E forse lo fanno con il denaro. Capita anche che conoscano i risultati in anticipo. Al telefono parla ancora una volta Fabio Riva.
Riva: \”La perizia tecnica sembrava andasse tutto bene… non lo so che caz… è successo… Però è succulenta la cosa di beccare un Riva giovane.. eh papà…\”.
FUMO NEI COMUNICATI
Agli atti c\’è anche un incontro tra Nichi Vendola, Fabio Riva, Girolamo Archinà e il direttore dell\’Ilva Capogrosso. Proprio Fabio Riva ne parla con il figlio Emilio (omonimo del nonno) che suggerisce: \”Facciamo un comunicato stampa fuorviante, tanto per vendere fumo dicendo che va tutto bene e che Ilva collabora con la Regione\”. Proprio i giornalisti sono un problema per l\’azienda. Tanto che ci sarebbero rapporti \”pericolosi\” (la Procura sta inviando gli atti all\’ordine). Archinà è molto seccato delle notizie sui giornali. \”Mi sto stufando perché fino a quando io sò stato accusato di mantenere tutto sotto coperta, però nulla è mai successo… nel momento in cui abbiamo sposato la linea, la trasparenza, non ci raccogliamo più…. La situazione è complicata e se non si ha l\’umiltà di dire ritorniamo tutti a nascondere tutto\”.