Pensavamo, ormai, di esserci abituati a (quasi) tutto. Del resto, il senso del pudore è merce storicamente rara. Pudore è un vocabolo nomade: lo abbiamo cacciato dai confini italici. Troppo, ma davvero troppo, problematico gestirne gli effetti sociali.
Accade così che l\’arresto – è cosa abituale – di un facoltoso imprenditore a Roma colluso con la \’ndrangheta si trasformi in una scoperta importante per la letteratura sociale che analizza la mentalità mafiosa. Pasquale Capano, questo il nome dell\’arrestato, è un sostenitore convinto dello stile di vita mafioso. Tutto è nella mafia, niente al di fuori di essa. La mafia è vita, valori, comportamenti. In poche parole, essere mafiosi è un modello sociale.
Lapidario il giudizio di Pino Masciari: \”E\’ una cosa schifosa, indecente, da condannare senza se e ma. Qui, siamo oltre la collusione imprenditoria-mafie. Ci troviamo dinanzi ad un problema antropologico: questa è la vera mentalità mafiosa\”.
Masciari lancia un allarme: \”Dobbiamo essere onesti: ci sono tanti imprenditori come Capano, tanta gente che si riconosce nel modello mafioso. La società italiana si sta \’mafiosizzando\’. Se non poniamo un argine a tutto ciò, faremo dell\’Italia la capitale morale e materiale della cultura mafiosa. Altro che democrazia, siamo vicini alla forma più degradante di servitù mentale: prepotenza, violenza e affarismo come modo di stare al mondo. Dobbiamo reagire e lottare duramente. Non possiamo, conclude Masciari, soccombere\” .
Fonte: La Repubblica – http://www.repubblica.it/cronaca/2014/01/10/news/lettera_ndrangheta_pasquale_capano-75534505/?ref=HREC1-30