Un sistema chiuso, fatto di soli calabresi e restio ad accettare persone originarie di altre regioni, eppure disposto a fare spazio a un albanese se le necessità rendono l’acquisto conveniente. Così, durante la sua requisitoria del processo stralcio per le posizioni che hanno scelto il rito abbreviato nell’indagine “Infinito” sulle infiltrazioni della \’ndrangheta in Lombardia, il pubblico ministero milanese Alessandra Dolci ha fornito la propria ricostruzione di modalità e abitudini dei presunti affiliati delle locali comasche. Si parla, per esempio, di Edmond Como, trenta<eienne di Ponte Lambro. «Essendo albanese – dice il pm – credo che Pasquale Varca (48 anni di Bosisio Parini e indicato nella locale di Erba) e gli altri di Isola Capo Rizzuto fossero assolutamente restii, perché neanche si immaginavano l’affiliazione di un albanese. Ma il punto è un altro: è stato ritenuto partecipe in ragione dell’apporto che ha fornito al gruppo di Erba».
Edmond Como «partecipa all’attività del movimento terra facendo il camionista in nero, accompagna Varca agli incontri più delicati, anche con esponenti al vertice, oltre che con i trafficanti. Soprattutto è lui che ha fatto da trait de union tra il gruppo di fornitori, importatori di centinaia di chili di cocaina, e i calabresi». All’occorrenza, la deroga rispetto al “calabrese doc” è permessa. Nelle sue richieste, il pm ha messo in relazione soggetti legati ai singoli fatti, tra cui il favoreggiamento di due latitanti da parte di Maurizio Basile, 47 anni di Merone, che avrebbe concorso assieme al cognato Francesco Crivaro, ad Aurelio Petrocca e ai fratelli Varca, a favorire tra maggio e giugno 2009 la latitanza di Paolo Lentini e Antonio Morelli, destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Catanzaro.
Così Crivaro convoca d’urgenza il cognato, dipendente di un ristorante a Novazzano, nel Canton Ticino: «Qualunque cosa tu stia facendo lascia perdere – gli dice – perché quello che dobbiamo fare ti farà guadagnare». Secondo l’accusa, il suo lavoro da frontaliere li avrebbe favoriti nel gestire il passaggio dei due latitanti verso la Svizzera, a cui avevano già consegnato documenti falsi. «Chi si reca tutti i giorni all’estero per lavoro – sottolinea Dolci – non viene controllato perché è noto alla polizia di frontiera». Il processo prosegue con le difese, in udienze programmate fino alla fine di ottobre.
Fonte: Ilgiorno.it