«La \’ndrangheta rispetto alla mafia è molto più duttile, più refrattaria alle catalogazioni. Così è possibile che abbia scelto un modo anomalo per colpire». Così risponde Antonio Ingroia, procuratore aggiunto di Palermo, ieri a Reggio (ospite del circolo Arci Tunnel per presentare il suo ultimo libro) a chi gli chiede un giudizio sull\’agguato di Coviolo. Un agguato definito anomalo dal procuratore capo di Reggio, prima che la Dda avocasse a se l\’inchiesta.
«Non ho elementi per giudicare, ma certo il fatto che non abbiano volutamente finito la vittima e lo stesso calibro della pistola non mi sembrano sufficienti a dire che la \’ndrangheta non c\’entra. Proprio perché la \’ndrangheta è diversa dalla mafia. Rispetto alla mafia è più duttile e meno formalistica. Mentre la mafia ha i suoi modelli, la \’ndrangheta è diventata potente proprio grazie a una maggiore capacità di adattamento».
A Reggio, il prefetto ha recentemente adottato misure interdittive a ditte edili che non avevano ottenuto il certificato antimafia. Ritiene queste misure efficaci nella lotta alla criminalità?
«Certo, anche se da sole non bastano. E\’ certo sul piano economico che si colpisce più duramente la malavita organizzata».
La guardia di finanza di Reggio sta svolgendo un grande lavoro a caccia dei cosiddetti reati spia, reati apparentemente banali dietro cui si possono nascondere i traffici della criminalità.
«I reati spia sono importantissimi per la lotta alle mafie. E meno male che non è ancora stata approvata la legge sulle intercettazioni. Se ciò avvenisse, la magistratura e gli inquirenti perderebbero quasi ogni possibilità di lavorare su questo terreno. A tutto vantaggio della criminalità».
Lei ha conosciuto Paolo Bellini; lo ha interrogato a proposito della «trattativa» tra Stato e Mafia…
«Sì. E penso che dovrò farlo di nuovo». Cosa non la convince? «Non si capisce se sia stato lui a suggerire a Cosa Nostra una determinata strategia sulle stragi del \’93 o se, come lui dice, lui abbia solo sentito dire che Cosa Nostra aveva intrapreso quella strada. E\’ un personaggio difficile da decifrare. Io non ci sono ancora riuscito…».
Di Bellini parla nel suo libro?
«No, anche se per certi versi la sua personalità è compatibile con quella di tanti altri uomini di mafia che ho incontrato. Il titolo del libro \”Nel labirinto degli dei\”, vuole dare proprio il senso di chi cerca la verità e quando pensa di averla trovata si ritrova invece daccapo. Come in un labirinto, appunto. Detto questo, il libro è anche un racconto, abbastanza personale, di questi miei anni da magistrato, dal mio rapporto con Falcone e Borsellino, in avanti, tra difficoltà, tradimenti e vicende che mi hanno segnato dentro, come uomo e come magistrato».
fonte: La Gazzetta di Reggio
Bell’intervista! Bravo Ingroia!