\”Anche io sento montare un sentimento anti tedesco, in Italia, e non è bene. Non lo è in generale, per motivi evidenti, ma non lo è nemmeno in questo particolare frangente, perchè creare divisioni in un momento come questo significherebbe dare la mazzata finale all\’Europa.
Non all\’Euro: all\’Europa.
Mi auguro quindi che da una parte la Germania si dimostri meno rigida nei confronti dei Paesi in difficoltà, e che dall\’altra questi stessi Paesi (compreso il nostro) si dimostrino così maturi da prendere misure per sviluppo e crescita invece di puntare il dito contro una nazione che queste misure le ha prese più di dieci anni fa…\”
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Fonte: La Stampa – Qualsiasi atteggiamento contrario alla Germania e all’Europa è assolutamente privo di fondamento logico e frutto di populismo a buon mercato, agitato da chi non sa formulare proposte sensate e concrete ed è alla ricerca disperata di consensi e di alibi». Di fronte all’allarme lanciato dal premier Mario Monti sui crescenti toni anti-tedeschi nel dibattito politico – ma non solo -, un banchiere come Enrico Cucchiani, consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, per anni unico italiano nel consiglio d’amministrazione del colosso assicurativo tedesco Allianz – uno dunque che con gli ambienti di Berlino ha una certa consuetudine -, avverte: «Chi si prende la responsabilità di lanciare accuse ai tedeschi e all’Europa dovrebbe prendersi la responsabilità di spiegare agli italiani anche il costo altissimo e insostenibile di un’eventuale uscita dall’Euro». Secondo il banchiere è «molto più utile rimboccarsi le maniche senza nascondersi dietro a un dito, l’unica soluzione praticabile è quella di avere più Europa e di capire che noi come anche i tedeschi abbiamo bisogno gli uni degli altri».
Dopotutto un suo collega come il presidente di Unicredit, Giuseppe Vita, anch’egli per anni supermanager in Germania, ha recentemente ricordato che se i tedeschi ammirano «la nostra flessibilità, la capacità di risolvere soluzioni difficili o impreviste con la fantasia» dall’altro temono «la nostra incapacità di mantenere gli impegni». Un po’ quello che l’anti-germanismo militante troppo spesso sembra sottendere: l’alibi per un disimpegno. Sembra pensarla così l’industriale del caffè Riccardo Illy, il quale si dice «perplesso per questo atteggiamento della politica. Credo che Monti farebbe meglio a spiegare a chi siede in Parlamento e agli italiani che cosa sarebbe dell’Italia se non ci fosse stata l’Unione Europea e se non ci fosse stato l’euro. Noi saremmo già messi peggio della Grecia, saremmo già falliti da un pezzo». Secondo Illy i tedeschi «giustamente pretendono» rigore dai partner dell’Ue. «Anche perché loro le riforme le hanno fatte – spiega -, a tempo debito e in maniera reale. Ne cito una per tutte: ai dipendenti pubblici è stata tolta la tredicesima e gli è stato chiesto di lavorare di più. In Italia qualcuno ha mai pensato anche solo di parlarne? Macché». Altro che fare gli anti-tedeschi, «dovremmo umilmente dire che la Germania ha ragione e dovremmo fare come ha fatto Berlino. Non vanno bene quelle misure? Facciamone altre. Ma finora le riforme che abbiamo fatto sono all’acqua di rose». La morale? «La Germania rappresenta il termine di paragone, è quella che ha fatto bene. La cosa migliore è copiarla, non odiarla». Gianfranco Carbonato, alla guida di Prima Industrie («noi vendiamo in Germania, ma anche i nostri principali concorrenti sono tedeschi», ricorda), non si stupisce del nervosismo crescente verso la Germania. E non solo a causa del rigorismo «difficile da accettare da Paesi che stanno facendo manovre molto recessive». Secondo l’imprenditore da Berlino occorrono scelte chiare sul futuro dell’euro. «Il modo migliore per evitare che si propaghi un sentimento anti-tedesco è che la Germania batta un colpo. Non si può un giorno accettare la capitalizzazione del fondo salva-stati e poi rimandare tutto a settembre. È un modo per tirare in lungo e dà al resto d’Europa l’immagine di un Paese diviso come del resto è». Non nasconde, Carbonato, le responsabilità dell’Italia «che sono importanti», ma ora, sostiene, «il nostro Paese sta iniziando a comportarsi in modo più virtuoso, e la Germania deve riconoscerlo nei fatti, non solo a parole. Perché quando è il momento di compiere dei passi concreti o è la Bundesbank o è il governo, l’atteggiamento è sempre teso a prendere tempo e questo non va». Anche secondo il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, conviene a tutti aggiustare il quadro, perché «ce la faremo se ci diamo da fare e se l’Europa non ci è ostile, perchè se scivola l’Italia, che non è un’economia secondaria, si trascina l’Europa».