Guardia di Finanza e DDA di Reggio Calabria stanno portando alla luce inquetanti quanto preoccupanti risvolti sul connubio \’ndrangheta, politica ed imprenditoria. Risvolti che l\’inchiesta \”Fata Morgana\” sta mettendo in risalto l\’esistenza di un\’associazione segreta di pericolosa importanza, un\’associazione massonico-mafiosa che in questi ultimi decenni ha influenzato in modo deciso qualsiasi cosa, condizionando di fatto azioni della pubblica amministrazione ed imprenditoria pubblica e privata. Una scoperta, come dicevamo, importante ma anche preoccupante che ha fatto si che dalla Calabria, il malaffare potesse estendersi in tutto il paese ma anche a livello internazionale, la mano della \’ndrangheta nel più assoluto silenzio. Cosa ne verrà fuori da tutto questo non lo sappiamo, forse niente di più perchè troppo importante per essere rivelato o troppo pericoloso per essere scoperto ma, è un dato di fatto che esiste nel nostro paese una zona d\’ombra dove parte della politica, mafie ed imprenditoria tengono strette le redini del paese.
Reggio Calabria, ecco la cosca segreta
«Quali comandi, Paolo!». Esordisce così, nel 2013, un consigliere regionale calabrese al cospetto dell’ex parlamentare Paolo Romeo, finito ieri in manette perché ritenuto uomo di punta di una rete criminale in grado di condizionare l’economia e l’imprenditoria di Reggio Calabria. Sette, in tutto, i soggetti colpiti dal provvedimento di fermo (con contestuale sequestro di beni da 34 milioni di euro) emesso dalla Dda reggina, coordinata dal procuratore capo Federico Cafiero de Raho. Le ac- cuse sono associazione mafiosa, estorsione aggravata e intestazione fittizia di beni.
Ma l’inchiesta \’Fata Morgana\’, eseguita dagli uomini del comando provinciale della Finanza, ha messo in luce anche un altro spaccato, ancor più preoccupante: l’esistenza di un’associazione segreta di tipo massonicomafioso che, secondo la ricostruzione della Dda, avrebbe avuto un ruolo fondamentale nella gestione del potere d’indirizzo sulle sorti della città dello Stretto. Sul registro degli indagati, a piede libero, pezzi da novanta del panorama politico, imprenditoriale e giudiziario della città dello Stretto fra cui il presidente della Provincia Giuseppe Raffa, l’ex magistrato Giuseppe Tuccio, un cancelliere capo, l’ex presidente della Reggina calcio, Pino Benedetto, e un sacerdote, don Pino Strangio della diocesi di Locri, rettore del Santuario di Polsi e parroco di San Luca sul cui coinvolgimento la diocesi non si è espressa in attesa di conoscere ulteriori elementi.
La lente dei pubblici ministeri Giuseppe Lombardo, Stefano Musolino, Rosario Ferracane e Luca Miceli si è soffermata sul settore della grande distribuzione alimentare. Il vuoto lasciato dalla principale società reggina, la Gdm, portò a un periodo di grande difficoltà per numerosi supermercati. Sotto quelle ceneri covava un progetto ambizioso: dare nuova vita a uno dei più importanti centri commerciali reggini, la \’Perla dello Stretto\’ di Villa San Giovanni.
È proprio sulle attività prodromiche alla riapertura che si sono concentrate le attenzioni dei finanzieri. Ne è emerso un connubio, strutturalmente organizzato, fra la ’ndrangheta e alcuni professionisti che ha determinato l’aggiudicazione dei punti vendita, ma anche la scelta dell’imprenditore per la grande distribuzione, con il compito di gestire il settore \’food\’ della \’Perla\’, decisione presa grazie alla mediazione di Romeo, divenuto \’dominus\’ della struttura. Intercettazioni e incroci documentali hanno permesso di certificare come la nuova linfa economica fosse in realtà pilotata attraverso l’inserimento di una società creata ad hoc. Riapertura rallentata dalla resistenza di alcuni imprenditori locali che hanno avuto la forza e il coraggio di denunciare tutto alla magistratura, ma che poco o nulla hanno potuto davanti alla velocità con cui sono state sbrigate le pastoie burocratiche, agevolmente superate grazie alla fitta rete di conoscenze di Romeo e soci all’interno della politica e della pubblica amministrazione reggina. In caso di ribellione, la ritorsione era regola ferrea.
Come accaduto a un piccolo commerciante, il quale aveva osato opporsi a un contratto consortile con clausole vessatorie. A distanza di poco tempo, il suo negozio fu distrutto dalle fiamme. Le mire di Romeo, però, non si fermavano alla sola \’Perla dello Stretto\’. Anche la costituenda città metropolitana di Reggio Calabria era diventata argomento assai appetibile in vista dei cospicui finanziamenti in arrivo da Roma. Un vero e proprio «sistema di potere solidamente organizzato che, occultato dalle attività ricreative, culturali e sportive» di associazioni e circoli guidati da Romeo, spiegano i pm, avrebbe influenzato le decisioni delle pubbliche amministrazioni. Ma chi è davvero Paolo Romeo? Parlamentare del Psdi, sarebbe l’eminenza grigia della ’ndrangheta di Reggio Calabria, assieme all’avvocato Giorgio De Stefano, arrestato di recente.
Attivo ai tempi dei moti del Boia chi molla del ’70, dei quali fu sostenitore, Romeo divenne uno dei riferimenti di JunioValerio Borghese, il principe nero che tentò il golpe nel dicembre dello stesso anno. Diverso tempo dopo, subì una condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. E, stando a quanto dichiarato dal pentito Filippo Barreca, fu l’avvocato a ordinargli di gestire la latitanza in Calabria del terrorista nero Franco Freda. Barreca riferì dell’esistenza di una loggia segreta «in strettissimi rapporti con la mafia di Palermo». Personaggi eccellenti che spalancarono le porte all’ascesa della ’ndrangheta a livello nazionale ed internazionale e su cui oggi la Dda reggina sta tornando a indagare, per riscrivere parzialmente la storia d’Italia degli ultimi quarant’anni.