\”Certo che è una legge, una legge con la \’l\’ minuscola, ma sempre una legge. Un sistema di codici molto semplice, che non prevede avvocati ma solo giudici, per i quali se qualcuno è colpevole c\’è solo una condanna: quella a morte.
Tutto questo è noto ed è risaputo in tutti gli ambienti, ma probabilmente non è ancora percepito da tutti come il cancro che è: la \’ndrangheta ha in mano interi pezzi del nord Italia, \’fattura\’ decine di miliardi di euro all\’anno, ed è giunto il momento che ognuno faccia i conti con questa realtà.
E\’ un sistema che vive nell\’ombra e che sconfiggeremo solo portandolo in piena luce, prendendoci tutti i rischi del caso\”.
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Fonte: Il Sole 24 Ore – Delle ramificazioni delle cosche mafiose al Nord (di qualunque mafia esse siano) non si parla mai abbastanza.
Tutti hanno paura di parlarne o di scriverne.
I politici perché sempre più spesso ricorrono ai loro voti.
Gli imprenditori perché sempre più spesso ricorrono ai loro soldi per ricapitalizzare o sopravvivere.
La finanza (intesa come sistema del credito) perché è sempre più marcia dentro.
Le classi dirigenti – comprendendovi, anche se me ne vergogno per molti di loro, i presidi delle scuole – perché non è vero che la mafia al Nord esiste.
Le famiglie perché tra i danni del ‘68 e la precoce demenza senile che attanaglia i nuclei sociali, hanno perso il senso del dovere civico e dell’impegno per la legalità.
La Chiesa perché tanto il problema è del Sud e dei “sudici”, mica nostro!
Molti magistrati perché non ne capiscono una beata fava ma si spacciano per geni (e il bello è che trovano anche credito presso stampa e Istituzioni). O perché hanno altre priorità. O perché non hanno la benché minima preparazione.
I giornalisti perché non studiano una strabeata fava, non si applicano, non si espongono e si fidano solo delle veline.
La società civile che crede che basti fare una marcetta antimafia per essersi sciacquata la coscienza.
Ed allora io – cialtrone che son io, cialtrone che non sono altro, soldi in tasca non ne ne ho ma lassù mi è rimasto Dio, parafrasando la canzone dei Nomadi del ’72 – non perdo occasione per parlarne.
La rapida risalita delle cupole mafiose (non certo quelle fatte di venditori di meloni) e dei loro capitali inquinanti è il vero problema di questo Paese. Ma sssssshhhh, zitti, meglio non parlarne!
Prendiamo ad esempio l’Operazione Medusa con la quale vi sto martellando da giorni perché è di importanza capitale. Ebbene con questa operazione la Dda di Catanzaro ha inferto un duro colpo alla cosca Giampà di Lamezia Terme.
Tra le 717 pagine dell’ordinanza ci sono riferimenti molto interessanti al modo in cui le cosche lametine si muovono (o non si muovono) nei territori del Nord.
Prendiamo Antonio Stagno, nipote diretto di Francesco Giampà, classe ’48, detto “u prufessura”, il “professore” (avercene di docenti così!), che secondo l’accusa è il referente nel Nord Italia (e in particolare in Giussano —Monza Brianza e zone limitrofe) per la cosca Giampà. Ebbene costui ha un rapporto privilegiato con Aldo Notarianni e con Giuseppe Giampà (detto il “Presidente” o “Capu Randi” o “il principale” ed avercene di principali così!), soprattutto nel settore delle armi, degli stupefacenti e nelle decisioni che riguardano azioni omicidiarie nei reciproci territori di competenza. OltretuttoGiuseppe Giampà e Aldo Notarianni, si legge nell’ordinanza della Dda di Catanzaro, sono garanti di Antonio Stagno per la risoluzione di controversie in materia di rendicontazione su proventi di natura estorsiva, con il locale di Giussano diretto, all\’epoca, da Antonino Belnome.
La ramificazione a Giussano (Monza Brianza) e zone limitrofe, i rapporti con il locale di Giussano sono al centro di un capitolo dell’indagine Medusa, che ha coinvolto anche i Carabinieri di Seregno.
Già dalle indagini \”Infinito\” e \”Crimine\”, coordinate dalle Direzioni distrettuali antimafia di Milano e Reggio Calabria del 13 luglio 2010 emergono dati fondamentali che riscontrano ulteriormente l\’effettiva esistenza del locale di ‘ndrangheta “Giampà”, nonché i fitti collegamenti e incontri (avvenuti sia in Calabria che in Lombardia nel periodo 2006 /2008), intercettati dai Carabinieri di Seregno, tra esponenti di spicco della cosca Giampà (Giuseppe Giampà, Aldo Notarianni presso la propria abitazione nell’agosto 2008, Saverio Cappello e altri) ed esponenti del locale di ‘ndrangheta di Giussano, quali Antonio Belnome eAntonino Stagno.
Le dichiarazioni di Antonino Belnome – che nel frattempo è diventato un collaboratore di giustizia – assumono una pregnanza particolare in quanto forniscono i primi elementi che individuano in Antonio Stagno un referente della cosca Giampà al Nord.
I dati vanno letti in maniera incrociata con le dichiarazioni diSaverio Cappello (in particolare quelle del 25 gennaio 2012 e, da ultimo, quelle del 15 giugno 2012) e con le indagini dei Carabinieri di Seregno (informativa numero 144/43-218 del 31 ottobre 2009).
I contatti tra la madrepatria lametina e la “colonia momentanea” in Brianza non consistono soltanto negli affari di droga e armi. Nossignori. Sul filo Giussano-Lamezia corrono anche le decisioni per omicidi, come quando gli inquirenti scrivono che Cappello si nera di fatto recato in Lombardia perché inviato da Giuseppe Giampà, in occasione dell\’omicidio da effettuarsi su richiesta diAntonio Stagno, a riprova, scrivono i magistrati, “dei rapporti e delle interrelazioni che i Giampà sono in grado di intrattenere nel Nord Italia, soprattutto grazie alla presenza sul posto del predetto Stagno, nipote del Professore\’; nonché a riscontro ulteriore della disponibilità di armi da parte della consorteria in parola, anche fuori del territorio lametino”.
Lo stesso Belnome, nel verbale di dichiarazioni rese al pmVincenzo Capomolla il 3 giugno 2011 ha riconosciuto in foto alcuni personaggi che aveva riferito in precedenza di aver incontrato a Tropea e a Lamezia Tenne, per risolvere gli attriti con Stagno, generati da diverbi sulla suddivisione di proventi estorsivi da questi raccolti autonomamente al Nord, senza dar conto allo stesso Belnome. In realtà (soprattutto leggendo le dichiarazioni di Saverio Cappello del 25 gennaio 2012), gli inquirenti si convincono che sotto queste apparenti problematiche covava la consueta guerra di `ndrangheta che avrebbe portato all\’eliminazione fisica dell\’uno o dell\’altro contendente, ai fini del predominio sul territorio di Giussano e zone limitrofe. Cosa non verificatasi per via dell\’arresto diAntonio Stagno nell\’ambito dell\’operazione Infinito, nonché per la decisione dì Antonino Belnome dì diventare collaboratore di giustizia .
GLI AFFARI AL RISTORANTE
Nell\’interrogatorio del 10 febbraio 2011, Belnome, su richiesta del pm ha affrontato la questione dei rapporti tra Antonio Stagnoe la famiglia Giampà, narrando degli incontri nel territorio lametino o calabrese, tra lui, Antonio Stagno ed esponenti del clan Giampà come Aldo Notarianni e Giuseppe Giampà, finalizzati anche a trovare una soluzione alla vertenza sull\’appropriazione totale da parte di Stagno di un provento illecito derivante da un\’estorsione da lui effettuata, nei confronti di una ditta nel territorio giussanese, senza rendere conto a colui (proprio Belnome) che all\’epoca (2008) era il “padrino” riconosciuto del locale di `ndrangheta del posto.
E\’ importante rilevare che — pur non trovandosi Stagno in una posizione ottimale, essendo palese il suo trovarsi in difettosecondo le logiche \’ndranghetiste – la cosca Giampà, attraversoGiuseppe Giampà e Aldo Notarianni, sia intervenuta a tutela diStagno, proprio per il vincolo di sangue ed i comuni e precedenti affari illeciti nel settore degli stupefacenti, delle armi e anche dell\’usura (come riferito da Saverio Cappello).
Belnome ha riferito di un incontro organizzato a Milano presso il ristorante …omissis... Nonostante i suoi più stretti sodali gli sconsigliassero dì recarsi all\’appuntamento, Belnome decise di parteciparvi ugualmente ma armato. Un uomo di Stagno (che era però anche vicino a Belnome) lo aveva avvisato del luogo, di chi vi avrebbe partecipato e che ci sarebbe stato un altro tavolo vicino al loro con uomini di Antonio Stagno, perché questi aveva paura, nonostante Giuseppe Giampà avesse rassicurato tutti dell\’onestà di Belnome (“Noi andammo armati, lui si mise un tavolo vicino al nostro, tutti armati fino ai denti, però armato era …omissis… che era con noi e se succedeva qualcosa gli sparava a lui: di cui io sapevo tutti i dettagli di quell\’incontro, quindi andai tranquilla. E di lì si discusse di ceni soldi che lui doveva dare a noi, si discusse…).
Scene dal film “Il Padrino” parte prima….Ma sì, vi ricordate la scena in cui Michael Corleone al ristorante uccide il capitano di polizia corrotto Mark McCluskey e il boss Virgil Sollozzo?
Belnome ha, quindi, riferito dei soldi che Stagno avrebbe dovuto consegnare per un\’estorsione fatta a Giussano senza dare conto, sottobanco. Appare opportuno riportare direttamente le parole diBelnome: “Rocco ne è venuto a conoscenza, subito, immediatamente è venuto da me, l\’abbiamo prelevato e gli abbiamo fatto le azioni contro, l\’abbiamo indebolito del tutto. L\’abbiamo acchiappato, che poi ci fu un incontro a Cabiate(provincia di Como ndr) in un bar, dove lui, in quelle… in quella occasione eravamo io, Andrea Ruga, Antonio Stagno e Rocco Cristello, quindi antecedente alla sua morte. Noi lo stringemmo, gli dissi \”Due pani le devi tornare indietro. La tua te la puoi tenere che non ne facciamo abusi, ma due parti le devi portare indietro. E con la Calabria ce la vediamo noi\”. perché metà erano andati in Calabria”.
L\’estorsione aveva riguardato una ditta di Giussano per un importo di 400mila euro e vi aveva fatto da mediatore un certo Silvano. Una parte del provento dell\’estorsione era finita in Calabria, nel vibonese, secondo Belnome, perché Stagnoriteneva in tal modo di proteggersi: \”gli sembrava che mandando i mezzi in Calabria, era sostenuto di questa circostanza\”.
In realtà, ottenne l\’effetto opposto, perché lui e Rocco Cristellonon ritennero di poter passare sopra allo sgarbo e pretesero la restituzione di due quote. Stagno ammise le trascurate, si indebolì e promise che entro sei mesi avrebbe restituito i soldi. Questa promessa era stata fatta da Stagno durante l\’incontro nel bar di Cabiate, prima della cena con Peppe Giampà e gli erano stati concessi due mesi, per restituire il dovuto entro il 31 marzo.
Approfittando del fatto che nel frattempo Rocco Cristello era morto, Stagno aveva tentato di ingannare Belnome affermando di aver dato quanto dovuto proprio a colui che ormai era deceduto : Lui dice \”Toni, io ce li detti a Rocco, non te li ha dati?\”. cioè un giochetto che si fa con un morto, con tuo cognato!? (Stagno, infatti, era cognato del boss Cristello, tuttavia, era \”mal sopportato\” anche dai Giampà i quali “lo richiamavano spesso”).
Quanto alla partecipazione di Peppe Giampà all\’incontro,Belnome ha chiarito che Giampà aveva fatto leva sul potere diBelnome per risolvere la questione : Disse \”Toni, se vuoi tu si può sistemare la cosa\”. gli dissi \”Peppe, se voglio io…\”, non è che noi ci siamo esposti nel dargli una partecipazione nell\’omicidio omissis, però lui disse \”Sai, è caduto omississ…\” una cosa e un\’altra. C\’è di mezzo sangue, alcune cose vanno chiarite, vanno viste… logicamente non ci sbottonammo con lui anche se lo sapevamo”.
L’AUTORITA’ A GIUSSANO
Con riferimento ai profili relativi all\’autorità a Giussano e al suo riconoscimento da parte della Calabria, ci fu un incontro fra alcuni Giampà, Vincenzo Gallace, Andrea Ruga, nel corso del quale si discusse della situazione della zona dell\’hinterland milanese, di Giussano e dintorni.
Antonio Stagno, tramite i suoi parenti, volle l\’incontro per capire se poteva essere esercitata una maggiore influenza versoGallace e Andrea Ruga, i quali però risposero \”Che sia chiaro che deve dare conto, se non dà conto se ne deve andare da lì\”.
In altre parole, secondo Belnome, i Giampà intendevano chiarirsi anche con i Gallace (cosa che Belnome ha riferito dì aver appreso proprio da Gallace e Ruga). All\’incontro per iGiampà parteciparono Alduzzo ed \”uno alto, grosso, che non ha saputo dirmi come si chiamava, per conto dei Giampà\”.
In definitiva i Giampà hanno riconosciuto l\’autorità di Belnome a Giussano, anche se Belnome ha riferito che nell\’ultimo periodoPeppe Giampa\’ ha mandato i Cappello a Milano per alcune azioni criminose per conto di Stagno e con il benestare dìGiampà stesso .