Lo scrive il tribunale di Torino nella sentenza del processo Alto Piemonte
La \’ndrangheta si è di \”fatto imposta nel tifo organizzato esercitando un vero e proprio controllo dei gruppi che supportano la Juventus\”. È quanto scrive il tribunale di Torino nella sentenza del processo Alto Piemonte, che ha riguardato, fra i suoi vari aspetti, i rapporti fra boss e mondo della curva. In questo particolare filone l\’imputato Rocco Dominello è stato condannato a sette anni e nove mesi di carcere.
La gestione dei biglietti per le partite della Juventus, e la loro rivendita a prezzo maggiorato, è \”formalmente riferibile ai gruppi del tifo organizzato, i quali, pur esercitando una rilevante forza intimidatoria nei confronti della società, agiscono tuttavia sotto il diretto controllo\” della \’ndrangheta.
Il presidente della Juventus, Andrea Agnelli, è stato inibito per 12 mesi a seguito dell\’inchiesta penale sulle presunte infiltrazioni della \’ndrangheta nella curva bianconera. Ne è emerso \”un modus operandi\”, la disponibilità a \”venire a patti\” con gli ultrà per non avere problemi, la consapevolezza e anzi l\’agevolazione di questa politica da parte di Agnelli, ma al tempo stesso l\’inconsapevolezza che quelle frange del tifo fossero infiltrate dalla \’ndrangheta. Il procuratore federale Giuseppe Pecoraro aveva chiesto due anni e mezzo di inibizione per il presidente bianconero e che la squadra giocasse due partite a porte chiuse. Richiesta più che dimezzata, da 30 a 12 mesi. Il Collegio giudicante rileva la circostanza \”oltremodo preoccupante in ragione del fatto che non sono stati fenomeni sporadici e occasionali\”, ma \”un vero e proprio modus operandi di una delle società più blasonate a livello europeo\” e per un \”lunghissimo arco di tempo\”. La presunta \”vis estorsiva dei capi ultrà non trova conferma nelle dichiarazioni dei deferiti che, al contrario, riconoscono di non essere mai stati né minacciati e neppure particolarmente vessati\”; insomma, la scesa \”a patti\” non era mossa da minacce.
Il Tribunale nega dalle fondamenta le tesi dell\’accusa: che i dirigenti bianconeri e soprattutto Agnelli sapessero che Dominello era un affiliato di cosche mafiose. Le frequentazioni, recita la senteza, \”avvennero in maniera decisamente sporadica ma soprattutto inconsapevole con riferimento alla conoscenza del presunto ruolo malavitoso\” di Dominello. In particolare, \”Agnelli era da ritenere completamente ignaro in merito alla peculiarità illecita di Rocco Dominello, presentatosi ai suoi occhi come deferente tifoso\”.