Gli interessi oltre confine delle famiglie calabresi viaggiano verso territori finora inesplorati. La colonizzazione è
storicamente partita da Germania, Svizzera e Francia
Gli storici contatti coi cartelli sudamericani per i traffici di droga, la vecchia Europa con le nuove frontiere dell’Est per il riciclaggio di denaro sporco. La ’ndrangheta diventa sempre più “intercontinental”, una holding capace di guadagnare cifre superiori al Pil di tanti Paesi. L’allarme è stato lanciato da tempo, ma probabilmente all’estero manca la giusta consapevolezza.
L’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia aggiunge un elemento da non sottovalutare: «Le indagini evidenziano un rinnovato interesse per i Paesi dell’Est Europa, segnatamente la Romania, utilizzata sia per investire capitali in progetti immobiliari, sia per drenare risorse dal territorio nazionale verso società del posto, artatamente costituite per ostacolare l’azione repressiva della Magistratura». Nuovi territori da “invadere”, economie in crescita in cui infiltrarsi secondo il più classico degli schemi esportato dalla Calabria a tutt’Italia. «Le cosche – certifica la Dia – nel riprodurre strutture criminali analoghe a quelle delle zone di origine, interpretano i territori oltre confine come aree da colonizzare innanzitutto sotto il profilo economico o come basi logistiche strumentali ai grandi traffici di stupefacenti. Il tutto, secondo quella logica unitaria sancito dalla sentenza Crimine».
La “mappa” degli interessi fuori confine parte inevitabilmente dal “cuore” dell’Europa, la Germania. Qui è storicamente radicata la “società di Singen” (città situata nel Land del Baden–Wurttemberg, versante sud-occidentale), affiancata da locali a Francoforte, Radolfzell, Rilasingen, Ravensburg ed Engen, oltre che a Duisburg, città tristemente nota per la strage del 15 agosto 2007. Accertata l’operatività di soggetti riferibili ai clan Romeo-Pelle-Vottari e Nirta-Strangio di San Luca (Rc), ai Pesce-Bellocco di Rosarno (Rc) e ai Farao-Marincola di Cirò (Kr), attivi in Baden-Württemberg, Assia, Baviera e Nord Reno-Westfalia. Allo stesso tempo, si conferma l’interesse di gruppi di origine calabrese verso i Land dell’ex Germania dell’Est, in particolare Turingia e Sassonia, dove a seguito della riunificazione nazionale avrebbero effettuato consistenti speculazioni finanziarie e immobiliari.
Situazione simile in Svizzera, dove s’è impiantata la locale di Frauenfeld, collegata a Fabrizia (Vv), prevalentemente dedita al riciclaggio, ssettore in cui sono operative anche le cosche reggine Albanese-Raso-Gullace e Facchineri. In Belgio confermate le proiezioni «essenzialmente connesse al traffico di stupefacenti, in alcuni casi condotto assieme ad altre compagini criminali»; segnalati collegamenti con la cosca crotonese Ionà-Marrazzo e fornitori di Rosarno (Rc), con la propensione delle consorterie calabresi a insediarsi in alcune specifiche aree come le province di Mons-Charleroi e Liegi-Limburg. In Francia le dinamiche organizzative delle cosche risultano strettamente connesse a quelle della Liguria. Qui, infatti, è stata individuata una “camera di controllo” direttamente collegata con l’omologa struttura ultranazionale attiva in Costa Azzurra, denominata “camera di passaggio”; uno scenario fortemente permeato dall’operatività delle ‘ndrine Raso-Gullace-Albanese di Cittanova (Rc) e Parrello-Gagliostro di Palmi (Rc) e delle famiglie di Platì (Rc). Da parte sua la Spagna – o meglio l\’intera penisola iberica – si conferma importante crocevia per i traffici internazionali di stupefacenti e area in cui riciclare capitali illeciti, specie nelle isole Canarie.
Infine l’“inedita” Romania che ha attirato gli appetiti di soggetti vicini alla cosca Grande Aracri di Cutro (Kr), con lo svuotamento patrimoniale di società in stato di insolvenza attraverso il trasferimento dei beni in aziende di nuova costituzione trasferite sulle sponde del Danubio per impedire la dichiarazione di fallimento in Italia. Nella stessa zona avrebbe insediato un’unità locale un elemento di spicco della cosca Romano, operante nel settore dell’edilizia pubblica, già colpito dalla Dia di Reggio Calabria con la confisca di beni per un valore di circa 7 milioni di euro.