Un\’ organizzazione verticistica con un unico capo. È la nuova struttura della \’ ndrangheta quella che viene fuori con la sentenza Crimine: 94 condanne e 34 assoluzioni. L\’ organizzazione criminale calabrese ha mutuato il modello siciliano di Cosa Nostra. Un capo, che nella nomenclatura dell\’ organizzazione è detto capo crimine e tre sub strutture di coordinamento (mandamenti), che hanno competenze in tre aree territoriali: la jonica, la tirrenica e Reggio Calabria centro. A capo della Cupola della provincia di Reggio Calabria c\’ era Domenico Oppedisano, esponente delle \’ drine di Rosarno, condannato ieri a dieci anni di carcere, la metà di quelli richiesti dal procuratore aggiunto Nicola Gratteri nel corso della requisitoria. La pena più alta, 14 anni e 8 mesi è stata inflitta invece a Giuseppe Commisso di Siderno («u mastru»). La sua lavanderia era il luogo d\’ incontro di boss provenienti anche dall\’ America, dall\’ Australia, dalla Svizzera e dalla Germania. I magistrati della dda di Reggio Calabria e Milano che a luglio del 2010 portarono in carcere, con l\’ operazione Crimine e Infinito, circa 300 persone, avevano richiesto per i 120 imputati, giudicati con il rito abbreviato, pene per 1.600 anni di carcere. Il gup Minutoli, magistrato che si occupa di civile – ma per l\’ occasione «prestato» al penale dopo le rinunce di molti suoi colleghi per incompatibilità – ha stravolto le richieste sino a dimezzarli per un totale di 568 anni di carcere, concedendo a molti imputati le attenuanti generiche. Le condanne hanno raggiunto il gotha delle \’ drine calabresi che la sentenza di ieri ha riunito sotto il comando di Domenico Oppedisano, 81 anni, il più longevo capo crimine della storia della \’ ndrangheta. Un uomo d\’ altri tempi, un patriarca, ma non una leggenda. Il processo Crimine ha accertato che questo anziano capo, di professione agricoltore, avrebbe dovuto rappresentare la garanzia più totale per le cosche reggine. La sua investitura avvenne il 19 agosto del 2009 durante il matrimonio tra Elisa Pelle – figlia di Giuseppe e nipote di Antonio, detto «Gambazza», il vecchio capo Crimine di San Luca morto per cause naturali nel suo letto – e Giuseppe Barbaro, il rampollo dell\’ omonimo casato di Platì. La scelta di Oppedisano è stata poi ratificata a Polsi, nel corso della festa della Madonna della Montagna, luogo simbolo per gli incontri tra i capi delle più blasonate famiglie di \’ ndrangheta. Il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone che già domani lascerà il suo incarico per assumere il comando della procura di Roma, commentando la sentenza, ha parlato di «un\’ ulteriore conferma» del lavoro condotto in questi anni dalla procura. Carlo Macrì cmacri@corriere.it RIPRODUZIONE RISERVATA **** La sentenza La struttura Un\’ organizzazione verticistica con un unico capo. È la nuova struttura della \’ ndrangheta quella che viene fuori con la sentenza «Crimine»: 94 condanne e 34 assoluzioni La gerarchiaL\’ organizzazione criminale calabrese ha mutuato il modello siciliano di Cosa Nostra. Un capo (ritenuto Domenico Oppedisano, nella foto a destra ) e tre mandamenti, che hanno competenze in tre aree territoriali