Fonte: Il Corriere della Sera – Sotto sequestro da luglio 2009, confiscato a giugno 2011, il Café de Paris, simbolo della sete di riciclaggio delle cosche, tenta di riscattare la propria immagine, a picco dagli anni Novanta. Per l\’ operazione, complessa, ci si è affidati a Libera, l\’ associazione di don Ciotti, che stamani inaugura il nuovo corso con un brindisi «della speranza» a base di prodotti alternativi al circuito criminoso. Pasta campana, vino siciliano e olio calabrese, tutti realizzati dalle cooperative di Libera Terra su terreni confiscati alle organizzazioni mafiose (legge 109 del \’ 96). Sapori che diverranno permanenti nell\’ ex bar della Dolce Vita. Oltre a don Ciotti saranno presenti il prefetto Giuseppe Pecoraro, il questore Giovanni Tagliente e il prefetto Giacomo Barbato, dell\’ Agenzia nazionale Beni Confiscati. Una foto di gruppo da brividi per boss e affiliati ormai stanziali in quei locali del centro di Roma dagli affitti inaccessibili e il giro d\’ affari turistico, al riparo dalle intemperie della crisi. Dai primi del Duemila, il Café de Paris era finito nelle mani dei clan di Sinopoli e Cosoleto. Una macchina perfetta per ripulire i profitti illeciti attraverso il viavai della Capitale, assieme ad altre 15 imprese, tra cui il bar California in via Leonida Bissolati e il ristorante Federico I in via della Colonna Antonina, il ristorante Georgè s in via Marche. Con qualche rimpianto ma senza troppa attenzione il Café de Paris era passato così dalla clientela selezionata degli anni Sessanta a quella affiliata alle \’ ndrine. Certo gli anni di Re Farouk e Ava Gardner sono lontani ma, secondo gli investigatori, il vero problema sono le cosche che premono ai confini regionali: «È cambiato il concetto di riciclaggio – aveva spiegato Diana De Martino, sostituto procuratore nazionale antimafia -. A Roma e nel Lazio la criminalità organizzata ha i propri rappresentanti e gestisce in prima persona le imprese. Negli ultimi anni diversi procedimenti hanno evidenziato le infiltrazioni. Tra gli altri, si possono ricordare quelli nei confronti degli Alvaro di Cosoleto, che avevano comprato locali come il Café de Paris e il ristorante Georgè s; dei De Angelis, capozona dei Casalesi a Cassino, che gestivano concessionarie di auto; dei Tripodo (con il mercato ortofrutticolo di Fondi) e del clan Mallardo alle porte di Roma, tra Monterotondo e Tivoli». Non basterà un brindisi ma almeno è un inizio.