Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta di Gianluca Daluiso, giovane diciassettenne di Riccione. Lettera che fa\’ riflettere e che ci fa\’capire per l\’ennesima volta che la speranza di un futuro libero dalle mafia è da rimettere solo nei giovani:
mi chiamo Gianluca Daluiso, ho 17 anni, mi sono appena diplomato, faccio il giornalista free lance e sono un attivista del “Popolo delle agende rosse”.
Sono nato appena 26 giorni dopo la strage di via d’amelio che segnò uno dei momenti più terribili per l’Italia intera. Adesso sono trascorsi 18 anni da quella data, dalla morte di Paolo Borsellino, l’amico di Giovanni Falcone, il servitore dello Stato che mori insieme agli uomini della sua scorta da martire cristiano della giustizia.
Nonostante sia passato cosi tanto tempo da quella data, non si è ancora riusciti ad assicurare alla giustizia i veri assassini, i veri mandanti, quel doppio stato che tradi quegli eroi che hanno sacrificato la loro esistenza, vissuta al servizio dei più alti ideali di legalità e delle istituzioni.
Ho avuto la fortuna di poter conoscere una persona straordinaria come Salvatore Borsellino, che da un po’ di tempo a questa parte, gira per l’Italia a gridare la sua rabbia, la sua sete di giustizia, ma soprattutto a risvegliare le coscienze degli italiani, caduti purtroppo in coma farmaceutico, e lo ringrazierò sempre per questo, perché ci ha riacceso la speranza, perché è capace di trasmetterci quella energia necessaria che ci serve per combattere, o meglio, per resistere.
Salvatore, come altri, stanno ridando speranza alla mia generazione, un barlume di futuro per noi giovani. Io chiedo, io esigo che sia fatta giustizia, che si sappia la verità su quel terribile periodo che portò il formarsi di questa disgraziata seconda repubblica.
Io esigo questo, da semplice cittadino, perché sono convinto che il futuro sia nella mia terra, sia nel mio paese ed io e come tutte quelle altre persone, specialmente i giovani, dobbiamo combattere per riappropriarci del nostro stato, perché lo stato è nostro, lo stato siamo noi.
Ho molto fiducia nell’onestà e nelle capacità di quei magistrati, che da Palermo a Caltanisetta, da Firenze alla Super Procura Nazionale, stanno conducendo queste indagini, e so che noi, italiani onesti, dobbiamo stare vicino a questi magistrati, non dobbiamo farli sentire soli, abbandonati a una politica sciacalla nei loro confronti, dobbiamo far vedere che ci siamo e che vogliamo che sia rispettato un nostro diritto importantissimo, che è quello di avere giustizia.
Io continuerò sempre a rivendicare questo diritto, insieme a tutte quelle persone come Salvatore Borsellino, come Genchi, come tanti altri italiani onesti, perché lo dobbiamo ai nostri morti,
lo dobbiamo a Giovanni Falcone, a Paolo Borsellino, a Beppe Alfano a tutte quelle persone che nonostante non ci fossero speranze hanno continuato a combattere perché credevano nello stato, quello Stato con la esse maiuscola.
Come ho detto sono molto giovane e non chiedo di avere una vera classe politica. Io la pretendo, perché è un mio diritto avere dei dirigenti di cui poterne andare fieri, gente che fa politica per un ideale e non che se la sceglie come professione.
Io, noi, probabilmente potremo perdere pure tutte le nostre battaglie, ma avremo sempre la possibilità di poterci guardare allo specchio e sapere di avere la coscienza pulita, e di aver fatto continuamente il nostro dovere.
Quanti dei nostri politici la mattina si possono svegliare, guardarsi allo specchio e non vergognarsi di loro stessi?
Hanno distrutto il nostro paese, hanno tolto ogni speranza per noi giovani, ed è tempo che tolgano il disturbo.
Noi vogliamo una classe politica che non faccia trattative con la mafia, che non scenda a compromessi, che non mangi sulle spalle di noi giovani, togliendoci il futuro.
Allora è arrivato il momento di fare la nostra rivoluzione, che non vuol dire andare per le strade con le spranghe e con le armi, la nostra è una rivoluzione culturale e morale, che smuoverà tutte le coscienze degli italiani.
Quindi noi oggi, in questo giorno, possiamo, dobbiamo urlare che Paolo, Agostino, Emanuela, Claudio, Vincenzo e Walter non sono morti, è inutile che ogni anno politici andiate in via d’amelio per assicurarvi che siano morti, poiché siamo noi a dirvi che loro non sono morti, non moriranno mai, perché ciascuno di loro continuerà sempre a vivere dentro ognuno di noi, anche quando sarà fatta giustizia.
Gianluca Daluiso, Riccione
La speranza di un giovane.