A seguito dell’indagine della DDA di Reggio Calabria, che già nel 2021 aveva portato all’arresto di alcuni imprenditori operanti nel settore della petrolchimica, sono stati sequestrati beni per il valore di 80 milioni di euro in diverse regioni italiane e anche in Germania.
Ogni volta che lo Stato compie un sequestro di questa portata recupera spazio vitale e guadagna terreno ai danni della criminalità organizzata. È una vittoria, ma non bisogna abbassare la guardia sulle condizioni che permettono frodi di così alto livello.
Se non vi fosse una collusione fra il potere politico, l’imprenditoria e il sistema mafioso, tutto ciò non sarebbe possibile. Se la movimentazione dei capitali avvenisse senza che la politica corrotta si intromettesse per trovare sistemi che rendono possibile veicolare fondi e foraggiare imprenditori senza scrupoli, che si prestano al riciclaggio di denaro da parte delle mafie, verrebbe meno il nesso causale che determina questi sporchi giri di affari. Se riescono a fare affari per un tale volume di soldi è perché qualcuno lo permette.
Siamo chiamati tutti a vigilare, opponendoci, ognuno nel proprio settore, alle logiche di guadagno mafiose, che arricchiscono l’imprenditoria malata a scapito di quella sana, a danno di tutte le persone oneste. Avvelenare l’economia soffoca il mondo del lavoro e nega il benessere a tutti.
Dovrebbe essere impegno di ognuno opporsi a questa logica, perché per spezzare l’anello della “triplice alleanza” fra politica corrotta, imprenditoria collusa e sistemi criminali organizzati, non basta solo l’impegno di magistratura e forze di polizia, serve che ognuno assuma come proprio il compito antimafia, senza demandare ad altri ciò che può essere contrastato in prima persona.