Una delegazione istituzionale lucana, con in testa il presidente della Regione Basilicata Marcello Pittella, ospite della potente cosca Piromalli, nella sede di una delle tante società costituite nel New Jersey per «il reimpiego (…) dei «capitali illecitamente accumulati negli anni». E’ quanto testimonia l’istantanea dell’abbraccio a favore di macchina fotografica del governatore con «lo storico referente» del clan negli Stati Uniti, Rosario Vizzari, tra i destinatari del fermo spiccato giovedì scorso dai pm dell’Antimafia di Reggio Calabria.
Lo scatto risale a dicembre 2015, quando Pittella arrivò negli Stati Uniti per inaugurare la prima campagna promozionale della Regione nella Grande Mela, ribattezzata “Luca-Ny”. Una serie di eventi, più o meno estemporanei, tra la cattedrale di Saint Patrick, dove venne esposto un presepe dell’artista bernaldese Franco Artese, un ristorante a Brooklyn e una gastronomia a Little Italy, per l’esibizione di cuochi lucani, più uno show room di prodotti tipici allestito per un mese al 50 di Spring street, a Ramsey, nel vicino Stato del New Jersey.
Tale è stato l’entusiasmo raccolto dalla spedizione che l’iniziativa è stata replicata – più in piccolo – anche un mese fa, col nome di “Basilicata meats New York”. Con altre esibizioni di cuochi lucani, degustazioni di vini e lo show room dei prodotti tipici allestito per 2 giorni, il 15 e il 16 novembre, al 50 di Spring street, a Ramsey, nel vicino Stato del New Jersey. Tutti ospitati negli spazi offerti dall’insospettabile Vizzari, s’intende. Incluso il capodelegazione Giandomenico Marchese, direttore generale del dipartimento attività produttive. Nei reportage fotografici realizzati da Sviluppo Basilicata, la finanziaria della Regione che ha curato entrambe le iniziative, si vede bene l’avvocato Vizzari che dialoga con Pittella, Vizzari in posa con Pittella, Vizzari che tiene un discorso davanti a Marchese e poi presenzia all’esibizione di un cuoco lucano.
Tutto molto bello. Forse troppo bello. Ma stupire i potenziali clienti coi modi affabili e quel magazzino da 8mila metri quadri nel New Jersey, era una specialità della “casa”. Tanto che secondo gli inquirenti di Reggio Calabria è proprio un’intercettazione telefonica sullo stupore di un visitatore ad aver svelato chi si celasse dietro quella «galassia di imprese» gestite dall’avvocato. Inclusa la “Avant Garde Sales & Marketing inc” con cui interloquiva la Regione Basilicata. Ovvero «il controllo “a monte” da parte della cosca Piromalli di tale complesso imprenditoriale, proprio per il tramite del loro affiliato oltreoceano».
«Poi comunque gli ho fatto vedere come lavoriamo». Queste le parole di Vizzari ad Antonio Piromalli (figlio di Pino “facciazza”), in carcere da giovedì, trascritte dai carabinieri del Ros. «Insomma il lavoro che facciamo… Lui che andava guardando capannoni, non capannoni… “Ma qua”, disse. “Ma qua è tuo?” Gli dissi: “Si… qua tutto mio è!” (breve pausa… poi ridendo…) Poi l’ho visto mettersi da parte a raccontare (al telefono) al padre quello che gli avevo detto».
Per i pm, insomma, l’avvocato sarebbe stato una «vera e propria testa di ponte della cosca negli Usa, dove è titolare e comunque socio e amministratore di una miriade di società di diritto Usa ed italiano, tutte riconducibili alla cosca Piromalli, ma a lui fittiziamente intestate (…) funzionali all’attività di esportazione di olio di oliva ed agrumi verso il mercato nordamericano che costituiva un canale privilegiato di riciclaggio dei proventi delle attività della cosca».
Oltre a partecipare attivamente a una frode orchestrata da Piromalli sul prodotto distribuito nelle principali catene americane, dove l’olio di sansa diventava di qualità superiore grazie ad etichette ad hoc. «Un soggetto talmente importante -scrivono ancora i pm riferiti al potente clan di Gioia Tauro – che Antonio Piromalli ne discuteva con il padre nel colloquio del 24 dicembre 2016 che i due tenevano a distanza di quasi dieci anni da quando si erano parlati l’ultima volta».
Dunque un professionista insospettabile ma col piglio (sarebbe stato lui a segnalare l’esistenza di un’indagine tramite una presunta “talpa” nell’Fbi, ndr) e ilpedigree “giusto”, secondo gli inquirenti. Suo cugino, infatti, è Vincenzo Bagalà di Gioia Tauro (anche lui tra i 33 destinatari del fermo eseguito giovedì scorso), compare di cresima di Antonio Piromalli, inserito «nella stretta cerchia degli affiliati ammessi ad avere un contatto diretto con il giovane boss, partecipando di tale privilegio anche i figli». In particolare Carmelo (fermato a sua volta), che in un’intercettazione avrebbe paragonato il boss «per fama, a Papa Francesco», e a breve avrebbe dovuto raggiungere Vizzari a New York.
«A disposizione iure sanguinis». Scrivono i pm. In ogni parte del globo.