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Fonte: Merateonline.it – Una vita segnata da una esperienza dura, difficile, drammatica e faticosa, per sè e per la sua famiglia, come quella di chi è \”Testimone di giustizia\”. E\’ quanto Pino Masciari, imprenditore cababrese che si è opposto alla n\’drangheta, ha raccontato agli studenti dell\’\”Agnesi\” e del Viganò\”. In sintesi gli anni vissuti dal 1997 ad oggi. Per non aver voluto pagare il pizzo alla n\’drangheta, Masciari aveva dovuto fuggire dalla sua terra. \”Lì avevo un\’impresa edile che dava lavoro a 200 persone, e aveva contratti anche a Dresda e Lipsia, in Germania\” ha sottolineato nella sua testimonianza.
Promosso dai Comuni di Osnago, Cernusco L. Montevecchia, Olgiate Molgora, Lomagna, dall\’associazione culturale l\’Arci Lecco, La Semina\” e \”Libera\” (onlus fondata da don Luigi Ciotti) l\’incontro si è concluso con l\’invito dell\’imprenditore ai ragazzi \”Io non sono un professionista dell\’antimafia. Volevo fare l\’imprenditore, attività avviata da mio padre. Ero diventato uno degli importanti imprenditori calabresi. Quando sono cominciate le richieste di denaro, e le minacce, non potevo cedere. Dovevo difendere la legalità. Voi siete il nostro futuro, non abbiate paura, ma dovete dirlo anche a voi vostri genitori; se qualcosa non va, non rimanete in silenzio\”.

\"\"Presenza numerosa, tra gli studenti c\’erano anche i ragazzi che  avevano partecipato ai campi di lavoro antimafia, raccotando i progetti di \”Liberaci dalle spine\” a Corleone, in Sicilia, e \”Terre del Sole\”, a Melito Porto Salvo in Calabria. A parlarne sono stati Marco Pessina e Giorgia Maggioni.
Imprenditore edile, calabrese Masciari non aveva accettato di pagare il pizzo (\”mi chiedevano il  tre per cento, poi saliti al sei\”) alla criminalità organizzata. Per questo aveva subito attentati. Dal 1997 al 2004, Masciari, la moglie Marisa e i suoi due figli, allora molto piccoli (\”per anni abbiamo vissuto in quattro mura, ancora oggi i ragazzi corrono con difficoltà\”)erano stati costretti a lasciare la Calabria. Poi la decisione di ribellarsi ad una condizione diventata insopportabile. Con qualche difficoltà, Pino Masciari ha poi conservato il programma di protezione. Anche ieri era accompagnato dalle forze dell\’ordine. Una vita difficile dunque, ora raccontata nel libro \”Organizziamo il coraggio\”, scritto a quattro mani con la moglie.
Ha detto Daniele Lorenzet, assessore alla cultura di Osnago presentando Masciari \”Quello che mi dà speranza è vedere tanti ragazzi che ti ascolteranno\”. Accanto a lui Giulia Venturini, dell\’Arci di Lecco, tra i promotori dei campi antimafia.
Ha esordito Masciari \”Alle mafie, le scuole fanno più paura del 41 bis (il carcere con isolamento ndr) perchè qui nasce la presa di coscienza. Qui però non vedo gli amministratori e le istituzioni. L\’indifferenza sta portando il nostro Paese al fallimento\”.
\”Vent\’anni fa – ha continuato – abbiamo vissuto le stragi di Capaci (l\’assassinio del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca e della scorta ndr) alla quale seguì quella di via D\’Amelio (assassinio a Palermo del giudice Paolo Borsellino ndr). C\’era stata anche Tangentopoli (inchiesta di Milano sulle corruzione nelle istituzioni e nei partiti politici ndr). Dopo due decenni avremmo dovuto essere uniti e in Paese diverso. Per salvarci dal fallimento abbiamo dovuto affidarci ad un Governo tecnico\”.
Ripercorrendo la sua storia Pino Masciari ha ricordato come, in quegli stessi anni, lui avesse cominciato a lavorare nell\’impresa di famiglia. \”Davo lavoro a 200 famiglie di calabresi. Da lui avevo imparato il senso della Stato, ad avere la schiena dritta. Quando hanno cominciato a chiedere la percentuale, tutti hanno finto di non vedere. Anche la Chiesa non ha fatto abbastanza. La responsabilità è di tutti\”.
Masciari ha poi assegnato alle donne della n\’drangheta la capacità di capire e indicare nuove strategie. \”Vi ricordate i sequestri? Fruttavano soldi, ma per i loro uomini erano pericolosi. Se arrestati finivano in galera per venti o trent\’anni. Dopo la caduta del Muro di Berlino (novembre 1989 ndr) sono state loro a capire che dovevano trovare, attraverso la globalizzazione, nuove strade.  Molti si sono trasferiti al Nord e hanno cominciato ad entrare nelle fabbriche e nelle aziende della Lombardia, ma anche del Piemonte e della Liguria\”.
L\’imprenditore  ha poi illustrato come la criminalità organizzata riesca a penetrare nelle aziende. \”La prima richiesta è sempre un posto di lavoro per un padre di famiglia, Come fai a non assumerlo?. Poi arriva la piccola impresa che ha acquistato macchinari e deve lavorare per pagare i mutui. Allora lasci ferme le tue scavatrici e fai lavorare le sue. Quando arriva il momento nel quale, per non licenziare, anche tu devi necessariamente lavorare, cominciano le minacce. Macchine o magazzini bruciati, richieste di percentuali. Con me avevano cominciato col tre, poi si sono allargati al sei per cento. Ho sempre detto no. Lo farei anche ora\” – dirà poi Masciari rispondendo ad una domanda dal pubblico.

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Ha poi sottolineato \”Quando ho cominciato ad oppormi stavo costruendo 62 appartamenti a Soverato Non si presentarono a me, ma al mio autista. Dopo il nostro rifiuto cominciarono le intimidazioni. Avevano anche sparato a mio fratello. Avevo tre possibilità: pagare, mettermi in rapporto con questi signori, licenziare tutti e chiudere l\’attività. Ho scelto la terza, ma nessuno ha avuto nulla da dire, nemmeno il committente\”.
L\’imprenditore calabrese ha poi raccontato la difficile e drammatica esperienza di chi, per difendere la legalità, è costretto a vivere isolato, protetto. \”Ricordo la notte del 17 ottobre 1997, quando in dieci minuti e con i bambini avvolti nelle coperte, io e mia moglie abbiamo lasciato la Calabria. Avrebbero dovuto essere quattro o sei mesi. Mia moglie disse; anche se fosse un anno è un sacrificio che possiamo affrontare. E\’ stato molto di più e vivo tuttora con la protezione. Per anni siamo stati la matricola 1663. Ho vissuto da esiliato perchè aveva denunciato i mafiosi delle quattro province\”.
Sottolineata ancora una volta l\’assenza delle istituzioni, prima del dibattito l\’imprenditore ha concluso \”In Italia i testimoni di giustizia sono solo 70. Le persone come Pino Masciari non dovrebbero essere gocce nell\’Oceano, dovrebbero essere l\’Oceano\”.
Il 16 marzo Pino Masciari riceverà a Milano la cittadinanza onoraria. Per il secondo anno l\’Arci di Lecco sta organizzando campi antimafia sul territorio. Nel 2012 si terranno a Colico.

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