Due persone arrestate per \”intestazione fittizia di beni\”, altre 17 indagate a piede libero e oggetto di perquisizioni con la stessa accusa. Sono i risultati di un\’indagine partita nel luglio 2009, quando furono messi i sigilli Cafè de Paris, in via Veneto, negli anni della Dolce Vita meta fissa di star del cinema e paparazzi, e a una decina di altri bar e ristoranti del centro storico di Roma, tra cui il sofisticato \’George\’s\’ in via Marche. Un sequestro per un totale di 200 milioni di euro, secondo gli inquirenti frutto degli affari criminali della \’ndrangheta.
A distanza di quasi due anni sono stati sequestrati altri due bar e, soprattutto, due arresti di personaggi-chiave della cosca Alvaro, della quale i carabinieri del Ros hanno documentato \”l\’elevato livello di penetrazione nel tessuto economico capitolino\”. L\’operazione è scattata all\’alba, quando i carabinieri del Raggruppamento operativo speciale e quelli del comando provinciale – in esecuzione di un\’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Roma, su richiesta della Procura distrettuale antimafia – hanno arrestato Vincenzo Alvaro e Damiano Villari, entrambi per \”intestazione fittizia di beni\” con l\’aggravante mafiosa. La stessa accusa contestata a 17 indagati a piede libero, oggetto di perquisizioni.
Secondo gli investigatori, i provvedimenti cautelari hanno colpito una costola laziale della cosca \’ndranghetista degli Alvaro, originaria dei comuni di Sinopoli e Cosoleto (Reggio Calabria), dedita al riciclaggio dei capitali illeciti attraverso l\’acquisizione di attività commerciali su Roma. In particolare, Vincenzo Alvaro è figlio di Nicola, 84 anni, detto \”Beccauso\”, ritenuto capo cosca del \’localè di Cosoleto, mentre Villari (al quale era peraltro intestato all\’epoca il Caffè de Paris) è considerato dagli investigatori un soggetto di elevato spessore delinquenziale, in stretto raccordo con la cosca, \”nonostante i suoi tentativi di celare tali rapporti\”.
L\’indagine \”Rilancio\”, avviata dal Ros nel 2007, ha \”documentato – sottolineano gli investigatori – l\’elevato livello di penetrazione raggiunto dalla cosca Alvaro nel tessuto economico capitolino attraverso l\’acquisizione di numerose attività commerciali e imprenditoriali con capitali illeciti e ha individuato la fitta rete di prestanome, ben 27, utilizzati per aggirare le possibili iniziative giudiziarie\”.
La stessa indagine aveva già portato, nel 2009, all\’arresto di 12 persone accusate di associazione per delinquere finalizzata all\’introduzione in Europa di \”ingenti quantitativi di merce contraffatta proveniente dal Vietnam\”, con il sequestro della società di import-export \”Mcs – Mediterranean Container Service Shipping srl\”, attiva nel porto di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria. Sempre nel 2009 venne sequestrato, su disposizione del tribunale di Reggio Calabria, l\’intero patrimonio immobiliare e le numerose attività commerciali nella disponibilità di Vincenzo Alvaro, tra cui, appunto, \”i noti ristoranti \’Cafè de Paris\’ e \’George\’s\’, tuttora sotto sequestro e gestiti da un amministratore giudiziario\”.
Un sequestro, per un valore complessivo di 200 milioni, che però, secondo gli inquirenti, non ha fermato l\’attività della cosca, tanto che Alvaro avrebbe acquistato nuove attività commerciali intestandole a soggetti di comodo \”al fine di occultarne la reale titolarità e \’oscurarè la sua presenza nella Capitale\”. Si tratta proprio dei due bar sequestrati oggi a Roma: \”Il Naturista\”, in via Salaria 121, e \”Pedone\”\’, in via Ponzio Comino 74, per un valore superiore ai due milioni di euro.
tratto da La Repubblica