Secondo il nostro codice penale \”l\’associazione a delinquere è di stampo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza d\’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere dei delitti\”. La comunità cinese in Italia negli ultimi decenni ha conosciuto un incremento da un punto di vista quantitativo di estremo rilievo, e questo ha comportato anche lo sviluppo di forme di criminalità organizzate con finalità economiche. E’ per questo che è comune rivolgersi a tali fenomeni con l’espressione \”mafia cinese\” che sta ad indicare la sua natura di organizzazione a finalità criminali a tutti gli effetti assimilabile alle mafie endemiche. Non a caso dalle indagini più recenti risulta come le organizzazioni nostrane si rapportino alla mafia cinese sino a consorziarsi con essa per la spartizione di zone di influenza e per la realizzazione di affari commerciali illeciti.
Pur partendo da un’analisi quantitativa dei reati a carattere economico, quali bancarotta, frodi, usura, gioco d’azzardo, l’esame del Rapporto sulla \”criminalità cinese in Italia\” presentato lo scorso 18 maggio nella sede del Cnel si concentra sul riciclaggio e sulle principali modalità utilizzate per reinvestire i proventi di natura illecita nell’economia legale.
Le prime irregolarità a carattere economico che coinvolgono i cittadini cinesi riguardano l’evasione fiscale. La principale strategia utilizzata per evitare i controlli consiste nel chiudere la propria posizione fiscale nel giro di due anni dall’apertura dell’attività, contando sul fatto che entro tale periodo le probabilità di subire verifiche fiscali saranno estremamente esigue.
Contraffazione commerciale, prostituzione e immigrazione clandestina sono in realtà le tre maggiori attività della criminalità cinese. Altri reati principali restano lo spallonaggio e la contraffazione dei marchi. In sei anni, dal 2004 al 2010, i cinesi denunciati per immigrazione clandestina e per il suo favoreggiamento sono stati 28.464, insieme ai quasi duemila cittadini (1.896) dediti allo sfruttamento della prostituzione. Ma non solo, 1357 cittadini cinesi sono stati denunciati per lesioni dolorose, 1069 per contraffazione di marchi commerciali, 920 per furto, 849 per associazione a delinquere, 491 per estorsione, e ancora 441 sono stati i reati legati alla droga, 34 le rapire, 108 gli omicidi volontari e 18 quelli tentati.
Dati della Caritas aggiornati al 2009, riferiscono che i cinesi in Italia sono 188.352 unità e rappresentano la quarta collettività straniera dopo i rumeni (887.763), gli albanesi (466.684) e i marocchini (431.592), concentrati nelle aree urbane medio – grandi del Centro-Nord. Milano, Prato, Firenze, Roma, Brescia, Torino, Treviso e Reggio Emilia le città più ‘orientalizzate’ anche se, in questi ultimi anni, anche il mezzogiorno ha visto aumentare il numero di cinesi presenti nelle proprie città, come Napoli, Palermo e Catania.
Il riciclaggio: alcuni dati
Partendo in via preliminare dai dati relativi alle segnalazioni sospette comunicate all’Unità d’Informazione Finanziaria della Banca d’Italia, che si occupa di raccoglierle e successivamente trasmetterle al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza, notiamo come l’attenzione dei soggetti segnalanti sia notevolmente cresciuta negli ultimi anni, fatto che testimonia come il fenomeno venga considerato dagli operatori come di crescente interesse. Al riguardo, riportiamo il totale delle segnalazioni, le segnalazioni relative a cittadini di origine cinese e il corrispondente numero di persone segnalate:dal 2005 al 2010, vi è stata una media di 15.035 segnalazioni all’anno.
Le segnalazioni riconducibili a cittadini cinesi costituiscono il 7% (percentuale media), mentre per il solo 2010 salgono al 10%. Se consideriamo il tipo di ente segnalante relativo ai cittadini cinesi, dal 2005 al 2010 vi sono state 6.668 segnalazioni sospette, il 43% di esse (valore medio) provenienti dalle banche, il 54% dai money transfer e il 3% dalla categoria \”altri enti\”62. Infine, considerando le variazioni dal 2005 al 2010, vediamo che tutti i valori crescono, segno del fatto che è aumentata la sensibilità degli operatori economici verso il rischio riciclaggio. Più in particolare, il totale delle segnalazioni aumenta del 248%, quelle relative ai cittadini cinesi aumentano ancor di più, pari al 452%, mentre il numero di cinesi segnalati cresce del 322%. Per tipo di ente, la crescita delle segnalazioni provenienti dalle banche è del 220%, del 742% per i money transfer e del 540% per gli \”altri enti\”.
Le modalità di riciclaggio – secondo il Rapporto – si basano prevalentemente sul trasferimento di denaro verso la madrepatria, violando le norme antiriciclaggio e attraverso l’acquisto d’immobili e attività imprenditoriali.
Il riciclaggio resta comunque un fenomeno sommerso, di cui le statistiche penali ne danno conto solo in modo estremamente marginale. Il sistema di riciclaggio è particolarmente sofisticato perché, oltre che garantire il mascheramento dei trasferimenti monetari, si avvale di \”consulenti\” italiani che si preoccupano di agire come collettori di denaro, stipulando mutui – per importi elevatissimi che si attestano su decine di milioni di euro – a beneficio dei clienti cinesi coinvolgendo noti gruppi bancari, dove dispongono di collusioni col personale direttivo. Così il denaro di provenienza illecita può essere ripulito tramite il pagamento rateale dei mutui. Le forme di riciclaggio che coinvolgono i migranti cinesi si realizzano sia trasferendo denaro in Cina che acquistando immobili e attività imprenditoriali.
Sull’acquisto di attività economiche non è al momento possibile avere stime precise con specifici approfondimenti utili a fornire un quadro sufficientemente chiaro e sistematico. A tutt’oggi, le forme prevalenti di riciclaggio avvengono attraverso il trasferimento del denaro verso la madrepatria, sia secondo le modalità illustrate che trasportandolo materialmente all’estero in violazione delle norme valutarie, come danno conto i sequestri effettuati dalla Guardia di Finanza nei confronti di cittadini cinesi presso i varchi di frontiera. Nel solo 2007, sono stati identificati 87 cittadini cinesi che trasportavano illegalmente valuta per un ammontare complessivo di 448.000 euro; 79 nel 2008 per 367.000 euro; 344 nel 2009 per 1,3 milioni di euro; 244 nel 2010 per 3,5 milioni di euro (dati forniti dal Comando Generale della Guardia di Finanza).
Il fatto che i più gravi reati compiuti si determinano soprattutto all\’interno della realtà cinese, determina una attenzione relativa da parte dell\’opinione pubblica, e di conseguenza delle autorità istituzionali che non sembrano cogliere in pieno le enormi potenzialità di sviluppo di questa mafia. La difficoltà di comprensione della lingua, quasi 60 dialetti diversi, la quasi totale mancanza di \”pentiti\” (i pochi pentiti vivono nel terrore di ricevere un mazzo di gladioli rossi, minaccia di morte secondo un codice malavitoso) giocano a favore delle Triadi cinesi. Non può però sfuggire l’importanza di fare luce su tale fenomeno, proprio come testimonianza della stretta connessione tra fatti criminali e inquinamento economico mediante riciclaggio che diviene strumento necessario alla realizzazione degli scopi criminali. Per questo ci auspichiamo che iniziative come quelle del Rapporto del Cnel servano da stimolo per far luce su realtà come queste e sulla loro pericolosità, agendo direttamente sulla sensibilità del cittadino nella scelta del prodotto da acquistare da una lato, e dall’altro per comprendere come le mafie si sconfiggono solo con una consapevole scelta di legalità che troppo spesso confligge con le esigenze delle tasche degli italiani.
*Ranieri Razzante, oltre ad essere docente di Legislazione Antiriciclaggio all’Università Mediterranea di Reggio Calabria, è presidente di AIRA, l’Associazione Italiana dei Responsabili Antiriciclaggio. AIRA è un’associazione indipendente, non politica e senza fini di lucro. Il suo compito è quello di diffondere la cultura della lotta al riciclaggio di denaro sporco. Maggiori informazioni su: www.airant.it (tratto da Wall Street Italia)