Si intitola “Libero nel nome” ed è il documentario che Pietro Durante ha dedicato all’imprenditore Libero Grassi, ucciso dalla mafia il 29 agosto 1991. Il film sarà proiettato in anteprima sabato alle 10 nei locali della sede di Addiopizzo a Palermo in via Lincoln, 131.
A vent’anni dalla pubblicazione della “Lettera al caro estortore”, un film-documentario che ricorda il coraggio di Libero Grassi, imprenditore palermitano, si rivolge direttamente agli estortori, che da lui pretendono il pizzo, con una lettera pubblicata in prima pagina sul Giornale di Sicilia: “Uomini della mafia, risparmiate i vostri soldi per i proiettili: non vi pagherò mai…”. È il 10 gennaio 1991. Per molti è la data che segna l’inizio della lotta al racket. Da quel momento nessuno può più dire “io non sapevo”.
Il 29 agosto dello stesso anno, Grassi pagherà con la vita il suo voler essere “Libero”. Oggi la scelta di Libero Grassi è l’impegno di oltre diecimila palermitani. Dei ragazzi di Addiopizzo, dell’Associazione Libero Futuro che assiste gli imprenditori taglieggiati dalla mafia e di chiunque consideri “un intero popolo che paga il pizzo un popolo senza dignità”. Saranno presenti i familiari di Libero, i rappresentanti nazionali e locali di Confindustria e delle associazioni antiracket.
Ecco un assaggio:
La lettera di Libero Grassi, pubblicata sul Giornale di Sicilia del 10-1-1991
Caro estortore…
“…volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l’acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere… Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al “Geometra Anzalone” e diremo no a tutti quelli come lui”
Cosa accadde in seguito:
Contro l\’imprenditore, non contro gli estortori e i mandanti della \”pizzo connection\”, si scateneranno le furie e l\’immediato isolamento da parte delle categorie di imprenditori e delle associazioni industriali. Come il presidente della Confindustria palermitana, Salvatore Cozzo, che dichiarò che Grassi aveva fatto «una tammurriata»: un casino, in un mondo abituato all\’omertà e a pagare in silenzio.
Avrà invece tutta la solidarietà della Confesercenti di Palermo, che con la sua iniziativa \”Sos Commercio\” e con la solidarietà del futuro commissario straordinario antiracket Tano Grasso gli sarà molto vicina e farà propria la denuncia.
In un libro bianco che l\’associazione degli esercenti pubblicherà a un mese dall\’uccisione di Grassi, nel settembre del \’91, dal titolo emblematico di Estorti & Riciclati , cominceranno a emergere i dati di una pratica che non solo dilaga ma che trasforma ben presto gli estorti in complici e subito dopo in membri essi stessi del sistema mafioso, da un lato, e dall\’altro che serve da sponda per riciclare i proventi illeciti in attività di copertura, attraverso il loop perverso dell\’estorsione-usura-appropriazione mafiosa dell\’attività legale o del bene immobiliare o del patrimonio societario.
In quel libro bianco, edito da Franco Angeli, si trova anche la prefazione Meno parole più fatti , scritta da Giovanni Falcone, in cui il magistrato assassinato meno di due anni dopo nell\’ attentatuni di Capaci, scriveva: «Si è compreso che la causa principale dell\’attuale pericolosità delle organizzazioni criminali risiede nell\’enorme disponibilità di danaro di provenienza illecita e si sono affrontati due degli aspetti più importanti di tale tema, che coinvolgono direttamente la libera esplicazione delle attività imprenditoriali: il racket delle estorsioni e il riciclaggio del denaro sporco».
Le due questioni, scriveva Falcone sedici anni prima della strage di Duisburg, «sono più interconnesse di quanto potrebbe sembrare a prima vista, poiché l\’attuale intensificata pressione delle organizzazioni criminali sulle categorie degli imprenditori trova attendibile spiegazione non soltanto nella maggior ferocia delle prime, ma anche nella necessità di reinvestimento di ingenti quantità di denaro di provenienza illecita. In altri termini, l\’immissione della dirty money nei circuiti del mercato lecito passa anche attraverso l\’utilizzo di imprese appartenenti a onesti imprenditori; e ciò si realizza costringendo questi ultimi non tanto a pagare il tradizionale \”pizzo\”, ma a soggiacere a richieste ben più penetranti che non di rado si risolvono in una conduzione associata delle imprese con la drammatica prospettiva di una futura totale estromissione (eliminazione?) dell\’imprenditore onesto».
Questo Falcone lo scriveva nel \’91, un mese dopo l\’uccisione del \”ribelle\” Libero Grassi, due anni prima di saltare in aria egli stesso, sedici prima della strage di Ferragosto per mano di un commando della \’ndrangheta calabrese in trasferta in Germania.
Mai così attuali e urgenti appaiono allora, anche per onorare la memoria di quell\’«imprenditore senza paura», le due proposte cardine della Commissione parlamentare antimafia presieduta da Francesco Forgione: battere le mafie con la confisca dei patrimoni, accelerando la loro restituzione e il riutilizzo da parte delle amministrazioni e delle comunità locali, e concentrare l\’attività investigativa e i controlli bancari sulla lotta al riciclaggio, aggiornando e perfezionando la legislazione antimafia in un testo unico che tenga conto sia dell\’evoluzione internazionale ed extraterritoriale dei flussi finanziari, sia dei percorsi tecnologici, carsici, in cui si virtualizza e scompare la tracciabilità delle transazioni e lo scambio di electronic money.