Non servono molte parole per definire quanto stiamo per proporre se non un\’unica parola chiara: \”VERGOGNA\”! Si perchè un governo, uno stato (volutamente in minuscolo) che agevola i criminali, i boss che hanno fatto la storia negativa di questo paese per poi di contro tartassare i cittadini con tasse, pensioni da fame, disoccupazione e per non parlare del totale abbandono di quei cittadini altrettanto onesti che hanno la loro unica colpa è quella di PRETENDERE la legalità, beh, niente di più che un sonoro VERGOGNA STATO ITALIANO!
Felice Maniero: \”Sì, ora mi arricchisco grazie allo Stato\”
Boss e pentito ma adesso anche imprenditore. Il cervello della mafia del Brenta dice la sua verità: \”Non c\’è nessun sotterfugio, figuriamoci se faccio robe illegali\”. L\’inchiesta di Report stasera alle 21.45 su Rai Tre
RISPONDE tranquillo, perfino spavaldo, come è nel personaggio. E impiega meno di cinque secondi a dire candidamente che sì, Luca Mori è lui, Felice Maniero. Eccolo \”Faccia d\’angelo\”, l\’ex boss del Veneto, il cervello della mafia del Brenta, uno dei più sorprendenti misteri della storia criminale di questo Paese. Nella sua vita spericolata per ogni impresa c\’è sempre l\’ombra di una mano amica, di un patto o di un ricatto, di un accordo o di un\’alleanza inconfessabile. Da boss e da \”pentito\” non ha mai smentito la fama di uno dalle aderenze impensabili. E quell\’aura di impunità non lo abbandona.
La terza vita di Maniero, l\’ex boss della mafia del Brenta
Felice, il bandito col volto da bambino, che ha fatto di quel Nord Est, raccontato tra gli altri da Massimo Carlotto, scandagliato da Ilvo Diamanti, investigato da Monica Zornetta, il polo più decentrato della mafia, non si è mai mosso da lì. Con un occhio alla \”tradizione\” siciliana e la mente aperta ai traffici di una terra di confine dalle mille opportunità.
Neanche adesso che ha 60 anni ed è da un pezzo nella sua terza vita. Fa l\’imprenditore nel settore delle acque depurate, ha in tasca un paio di brevetti sul sistema di filtraggio. E, naturalmente, fa ottimi affari con le amministrazioni pubbliche. Dall\’Emilia alla Puglia. Ci riesce vantando il patrocinio, proprio così, del Ministero delle politiche agricole che in teoria non dovrebbe concedere patrocini ad aziende con fini di lucro, e il bollo di quello dello Sviluppo Economico. Adesso, naturalmente, al vertice dei ministeri negano di avergli mai concesso alcunché. Come non risulta la certificazione sanitaria che pure la sua azienda vanta, sostenendo di essere accreditata anche presso il ministero della Salute.
Così, come è sempre stato, Felice Maniero può raccontare la sua verità: \”Il patrocinio l\’ha chiesto mio figlio e gliel\’hanno dato due anni fa\”. Non c\’è niente di strano, a sentire lui: \”Non c\’è sotterfugi, non c\’è niente… Si immagini se io vado a fare sotterfugi o robe non legali\”. Precisa puntiglioso, del resto, che la dizione del ministero è quella di \”Politiche agricole e alimentari\”, poi, di fronte alla smentita di Roma ribatte: \”Io non sono un bugiardo, il ministero è un furbacchione. Io ex, ex di tutto, di bande armate… sono sincero, il ministero è proprio un pinocchio lungo quanto una casa\”.
Parla Maniero, ma senza concedersi una parola in più del necessario. Lo fa con il giornalista di Report, Giulio Valesini, che lo ha scovato, pedinato e filmato a distanza per proteggerlo, fino a intervistarlo a pochi metri di distanza – il servizio va in onda questa sera – con l\’unica misura di sicurezza che l\’ex boss si è concesso: il telefono. Per dire e non dire, alla sua maniera. Perché Felice è un uomo libero, fuori dal programma di protezione per i collaboratori di giustizia, nel quale è entrato al tramonto della sua invenzione criminale: la mafia del Brenta, 500 uomini, tra affiliati, gregari e fiancheggiatori, sul modello delle cosche dei Badalamenti e dei Fidanzati.
Ha tradito nemici e amici, ha consegnato 30 miliardi di vecchie lire del suo patrimonio, ha rinunciato alla sua villa ma non si è mai allontanato troppo dal suo territorio. È lì che il suo astro è cresciuto, da nipote di ladro nelle paludi di una regione povera, accompagnando il boom che ha segnato anche la sua ascesa: rapine, estorsioni, sequestri, droga e armi. Soprattutto queste con la vicina ex Jugoslavia. E accordi, tanti, con pezzi dello Stato, non solo italiano. In qualche modo, prima di Riina e dell\’attacco al patrimonio artistico, fu Felice Maniero a escogitare un sistema per costringere le istituzioni a trattare con lui. Nell\’ottobre del 1991, rubò perfino la reliquia del mento di Sant\’Antonio a Padova, per restituirle 71 giorni dopo, incassando un dividendo che nessuno ha mai veramente svelato.
Per riciclare, lui cultore della pittura, si era buttato sull\’arte: dipinti di De Chirico e Renoir, furono ritrovati in una banca di Lugano. Di protezione ha goduto a tutti i livelli. Lasciando insalutato ospite le prigioni di Fossombrone e Padova. Latitante, poi a rischio ergastolo, quindi \”pentito\”, gradasso e spendaccione, al punto da farsi scaricare dallo Stato, per poi rientrare sotto protezione, testimoniare contro i suoi complici e tornare a godere di sconti di pena e impunità riservati a chi collabora. Ma se lo si può immaginare nascosto chissà dove a camuffare il suo aspetto e a vivere del poco che gli è rimasto, ecco Felicetto \”faccia d\’angelo\” pronto a sorprendere.
Dicono che gran parte del frutto della sua collaborazione sia l\’immenso patrimonio accumulato e messo al sicuro, dopo la consegna degli spiccioli. Ma anche così la storia è incompleta. Perché quel che l\’inchiesta di Report racconta è che Maniero non si è affatto nascosto. Anche la sua terza maschera, quella di Mori ha una sua residenza ufficiale quanto bizzarra: Mori risiede a Campolongo Maggiore, dove Maniero è nato, cresciuto e si è allargato. Una procedura anomala, visto che nel documento c\’è scritto che abita in via della Casa Comunale 7, ovvero, all\’indirizzo fittizio che l\’amministrazione riserva ai senzatetto. \”A me – dice lui – il comune di Campolongo me l\’ha spostata lì (la residenza, ndr) ma non so neanche che posto è. Vada al Comune e gli dica come mai è residente a via Della Casa Comunale che non esiste?\”.
Al Comune, che pure prova a scrollarsi di dosso il fardello di una notorietà imbarazzante, nessuno sa nulla e nessuno si è chiesto chi fosse davvero Luca Mori, né tantomeno l\’ex braccio destro di Maniero, Fausto Donà, stesso indirizzo fittizio del boss. E a ben vedere non lo ha fatto neppure chi gli ha omologato i brevetti e chi, stando a quanto dice lui, ha accreditato la sua azienda, avviata in società con il figlio, presso i ministeri delle Politiche agricole e dello Sviluppo economico, dove pure qualche veneto di successo è passato. Così Felice si è inventato una vita da imprenditore, un senzatetto con i brevetti, per lanciarsi all\’assalto di un settore redditizio. I suoi box popolano i comuni di una fetta d\’Italia e dai distributori scorre acqua che assicurano essere limpida e impalpabile. Proprio come lui.