La banca della micro Repubblica travolta dallo scandalo del riciclaggio. Il Segretario di Stato si difende e accusa il governo italiano: \”Noi abbiamo sempre dimostrato disponibilità, ma qualcosa non funziona. I rapporti sono spesso difficili\”
Mafia, banche, Italia e San Marino. Questi gli ingredienti che da qualche giorno tengono banco nel piccolo stato del Monte Titano, dove il 29 luglio scorso, in seguito all’ordinanza della Dda di Catanzaro “Decollo Money” è stato arrestato il presidente del Credito Sammarinese Lucio Amati con l’accusa di riciclaggio. Con la stessa accusa era stato arrestato l’8 luglio anche Walter Vendemini, direttore della banca di Amati. Nella vicenda, entra la ‘ndrangheta calabrese con Vincenzo Barbieri e il sodale Francesco Ventrici, che avrebbero aperto un conto per il tramite dello stesso Vendemini, al Credito Sammarinese intestate a Barbieri, nonostante ques’ultimo fosse già noto a cronache, ma soprattutto a tribunali come affiliate alla ‘ndrangheta.
Barbieri aveva individuato la banca sul Monte Titano come approdo per il riciclaggio dei proventi del narcotraffico internazionale e la banca, in serie difficioltà finanziarie, non si è tirata indietro. Scrivono i magistrati nell’ordinanza del 29 luglio “Una banca, quindi, assolutamente già in ginocchio, che ha pensato di poter rialzarsi, ricorrendo ai depositi del crimine organizzato transnazionale, del tutto indifferente all’inquinamento del sistema finanziario e bancario sammarinese che ne sarebbe derivato, ma comunque sempre assicurando al proprio direttore generale prebende annue tra i 200 e i 300mila euro e al manipolo di faccendieri-intermediari le provvigioni e minimi fissi stipendiali concordati”
In tutto gli arresti sono stati 11 e l’operazione non è sicuramente un fatto isolato. San Marino già negli scorsi anni si è vista al centro di alcune inchieste riguardanti la criminalità organizzata, e i nomi delle carte della inchiesta “Decollo Money” si rincorrono anche nelle inchieste della vicina Emilia Romagna. Tant’è che alcuni di questi si sono ritrovati tra gli arrestati e gli indagati dell’ operazione “Due Torri Connection”, culminate con 14 arresti e che ha documentato un fitto giro di narcotraffico internazionale da Bologna alla Colombia, passando per la Spagna.
Un problema, quello delle infiltrazioni della malavita organizzata, che ha visto San Marino aprire gli occhi in ritardo, soprattutto politicamente. Una politica che ha trovato la consapevolezza di riconoscere il fenomeno, ma rimane in difficoltà davanti alle questioni pratiche del problema, come la disponibilità di personale della magistratura inquirente, una reale collaborazione anche tra le polizie dello stesso Stato e individuare strumenti forti per la prevenzione e il contrasto.
Gli arresti riguardanti i soggetti sul territorio di San Marino, sono stati richiesti dalla Dda di Catanzaro e fatti poi eseguire dal magistrato della Repubblica di San Marino, Rita Vannucci. Collaborazione che è poi stata sottolineata anche nella conferenza stampa alla presenza degli inquirenti, della stessa Vannucci e del procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso.
Ma non sempre la collaborazione e la trasparenza dei rapporti tra Italia e il piccolo Stato di San Marino è così disponibile e aperta. A testimoniarlo sono le difficoltà che si hanno per giungere alla firma e alla ratifica degli accordi di tipo economico, finanziario, fiscale e per la repressione della criminalità organizzata.
Un punto che spesso divide le opinioni dei diretti interessati che si addossano colpe di mancate firme e mancate ratifiche l’un l’altro. Sul tema ha risposto il Segretario di Stato per gli Affari Esteri e Politici della Repubblica di San Marino.
Antonella Mularoni, a che punto sono gli accordi tra Italia e San Marino? In una sua recente replica al Corriere della Sera ha evidenziato il ritardo dell’Italia
“Abbiamo negoziato da tempo con l’Italia una serie di accordi tali da consentire ai due Paesi di impostare un rapporto di collaborazione nuovo tenendo conto del mutato contesto internazionale: l’accordo di cooperazione economica, l’accordo di collaborazione in materia finanziaria, il Protocollo di modifica dell’accordo contro le doppie imposizioni fiscali, l’accordo di cooperazione fra le forze dell’ordine dei due paesi per la prevenzione e la repressione della criminalità. I primi due sono stati sottoscritti nel 2009, ma purtroppo la loro entrata in vigore è stata legata dall’Italia alla firma del terzo accordo, che, benché parafato dai tecnici dei due Paesi nel giugno 2009, l’Italia si è sinora rifiutata di sottoscrivere. Quanto all’ultimo degli accordi sopra citati, esso è stato negoziato oltre un anno fa ed anche in questo caso è l’Italia che si rifiuta di firmarlo. Può immaginare che se viene bloccata la firma di accordi che favorirebbero una migliore e maggiore cooperazione in settori particolarmente sensibili. Viene il dubbio che in verità la cooperazione non la si voglia e che San Marino serva da alibi.
In campo giudiziario, invece, colpisce il fatto di trovare San Marino fuori dalla Rete Giudiziaria Europea, come scriveva nel marzo scorso il sostituto procuratore antimafia Dell’Osso
San Marino non è nell’Unione Europea in primis perché l’Unione Europea non è ancora pronta ad accogliere al suo interno i micro Stati. Ma è membro del Consiglio d’Europa dal 1988 ed è disposto ad assicurare la massima collaborazione internazionale nella repressione dei fenomeni criminosi – cosa che sta puntualmente verificandosi
Allo stato attuale delle cose c’è almeno una strada aperta per adeguare le normative e gli organi di controllo armonizzandoli, non solo con l’Italia, ma con l’intera Ue? Cosa risponde a chi chiede più trasparenza anche ai Vostri istituti di credito?
Abbiamo un dialogo aperto e proficuo con l’Unione Europea per intensificare la cooperazione e trovare forme nuove di integrazione rispetto a quelle attuali. L’Unione Europea ha preso atto dei grandi cambiamenti che sono stati posti in essere a San Marino in particolare dall’inizio di questa legislatura e del progressivo e rapido adeguamento agli standard internazionali in vari settori, compreso quello bancario e finanziario. Insieme stiamo cercando di delineare un quadro giuridico di reciproca soddisfazione all’interno del quale rendere sempre più forti i nostri rapporti.
Lei parla della possibilità che San Marino diventi un protettorato italiano come di “un fantasioso castello presentato come risolutivo di ogni problema” contro la criminalità.
San Marino esiste dal oltre 1710 anni e non ha nessuna intenzione di divenire un protettorato né dell’Italia né di altri Paesi, la circostanza dell’infiltrazione dei fenomeni di malavita organizzata in tutte le regioni italiane ed in molti Paesi europei è la prova che non è così semplice – neppure per i Paesi grandi – combattere efficacemente la malavita organizzata. Detto questo, i sammarinesi e le istituzioni sammarinesi sono i primi a non volere che tale malavita metta radici nel nostro Paese, ben conoscendone la pericolosità anche per il tessuto economico e sociale.
Fare la lotta alla mafia con una commissione e un osservatorio è stata una scelta criticata. I potreri investigativi e inquirenti sono praticamente nulli. Il governo di San Marino ha in mente di rafforzare le possibilità investigative e giudiziarie in questo senso, permettendo così anche maggiore collaborazioni con gli altri stati?
La lotta alla malavita organizzata debbono farla magistratura e forze dell’ordine, che stanno assicurando la massima collaborazione con gli altri Stati, come è risultato evidente anche negli ultimi giorni. La politica ha il compito di adottare e mettere a disposizione delle istituzioni tutti gli strumenti utili a prevenire e combattere il fenomeno malavitoso, aiutata dall’osservatorio che sarà uno strumento molto utile date anche l’autorevolezza e la competenza dei suoi componenti.
Riguardo l’ultima operazione ‘Decollo Money’ in cui è coinvolto il Credito Sammarinese, quali sono le sue impressioni. Secondo lei come è stato possibile che un personaggio come Vincenzo Barbieri, non nuovo a fatti di mafia e inserito nel narcotraffico, avesse aperto un conto addirittura nominativo a suo nome?
E’ certamente un fatto molto grave e la reazione delle istituzioni sammarinesi è stata estremamente forte, con arresti e commissariamento della banca. Questo dimostra che il sistema funziona.
articolo di Luca Rinaldi (Il Fatto Quotidiano)