Senza scorta, senza quella protezione per la quale si sta battendo, Pino Masciari, il 49enne imprenditore calabrese che ha denunciato ‘ndrangheta e politica, barattando, di fatto, la possibilità di vivere un’esistenza tranquilla, normale, ha assistito quest’oggi, all’udienza, al cospetto del Tar del Lazio, relativa la decisione con la quale il Ministero dell’Interno ha deciso la revoca dal programma di protezione per i testimoni di giustizia per Masciari e per la sua famiglia. Quattro anni per sedersi davanti al giudice del Tar del Lazio: solitamente, dall’esposto, trascorrono sei-otto mesi.
Il 28 luglio 2004, infatti, viene notificato a Masciari di non potersi più recare in Calabria; pochi mesi dopo, l’1 Febbraio del 2005 Masciari viene escluso dal programma di protezione. Poi, il 18 settembre 2008, Alfredo Mantovano, presidente della Commissione Centrale di Protezione, l’organo politico-amministrativo cui spetta di decidere in merito all’ammissione dei testimoni alle speciali misure di protezione e di stabilire i contenuti e la durata delle stesse, comunica allo stesso Masciari la revoca della scorta per i suoi spostamenti, autorizzandolo “a muoversi in autonomia” da solo e con mezzi propri.
Pino Masciari protesta per ciò che gli è dovuto, per legge: l’articolo 16-ter della legge 82/’91, stabilisce infatti che il regime di protezione per i testimoni di giustizia debba protrarsi fino alla effettiva cessazione del pericolo, quale che sia lo stato e il grado del procedimento penale nel quale essi sono chiamati a deporre.
La legislazione sui testimoni di giustizia ha due anni fondamentali, separati da un decennio: il 1991 e il 2001.
La legge 13 febbraio 2001 n. 45 introduce nel nostro ordinamento specifiche norme a favore dei testimoni di giustizia. Le nuove disposizioni – inserite nell’impianto normativo originario della legge n. 82 del 1991 – delineano la figura del testimone di giustizia prevedendo specifiche misure di tutela e di assistenza. La legge del 1991 non conteneva alcuna distinzione tra il collaboratore di giustizia proveniente da organizzazioni criminali e il testimone.
\”Un morto che cammina\”, così è conosciuto Pino Masciari.
Una macabra definizione che dice tutto sui rischi corsi, ancora oggi, dall\’imprenditore calabrese.
Per questo Pino Masciari, dopo essersi ribellato, con coraggio, alla ‘ndrangheta, lotta anche contro quello Stato che sembra non volerlo proteggere.
Pino Masciari è sottoposto, dal 18 ottobre 1997, a un programma di protezione per aver denunciato la ‘ndrangheta, ma anche le collusioni politiche con essa. La collaborazione di Pino Masciari inizia nel 1994, quando il Maresciallo Nazareno Lo Preiato, allora Comandante della Stazione dei Carabinieri di Serra San Bruno, raccoglie le prime, sommarie, denunce dell’imprenditore. E’ solo il primo passo di una collaborazione, quella di Masciari, con la Dda di Catanzaro. Una collaborazione che aiuterà gli inquirenti a far luce sul malaffare calabrese, ma che, fin da subito, sconvolge le vite di Pino Masciari e della moglie Marisa e dei loro due figli. Da allora la famiglia Masciari vive da “deportata” in una località protetta, lontana dalla propria terra e dai propri affetti, senza nessun cambiamento d’identità.
E questo nonostante la legge.
Secondo le normative sui testimoni di giustizia, la principale garanzia di sicurezza del testimone si ha nella condizione di maggior “anonimato” possibile. Così come il Decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119 introduce un’altra misura anagrafica finalizzata a garantire la sicurezza dei soggetti protetti: il cambio di generalità, con la creazione di una nuova posizione anagrafica nei registri di stato civile.
Si diceva, all’inizio, quattro anni per un’udienza.
Tanto ha dovuto aspettare Pino Masciari per far valere le proprie ragioni.
Ragioni di sicurezza prim’ancora che economiche. Questa la linea seguita, oggi, dalla famiglia Masciari, rappresentata dall’avvocato Pettini.
Anche qui, Pino Masciari si batte per qualcosa che gli spetta di diritto.
L’articolo 16-ter della legge sui testimoni di giustizia afferma infatti che le misure di assistenza devono essere volte a garantire un tenore di vita personale e familiare non inferiore a quello esistente prima dell’ingresso nel programma speciale di protezione.
Sul seguitissimo blog dell’imprenditore, www.pinomasciari.org, viene definita “inconsistente” la replica dell’Avvocatura di Stato.
E anche qui la legge, quella da “elle” maiuscola, se funzionasse, ci mette lo zampino.
Basta fare un banale copia e incolla dalla relazione sui testimoni di giustizia stilata dall’onorevole Angela Napoli nella scorsa Legislatura, per capire che c’è qualcosa che non quadra: “Circa la tutela legale dei testimoni l’art. 8, comma 10 del Regolamento sulle speciali misure di protezione (D.M. 161/2004) prevede che al testimone sia assicurata l’assistenza legale in tutti i procedimenti per la tutela di posizioni soggettive lese a motivo della collaborazione resa”.
E quello di fronte al Tar del Lazio è, a tutti gli effetti, un procedimento “per la tutela di posizioni soggettive lese a motivo della collaborazione resa”.
In attesa della sentenza, l’udienza di oggi potrebbe rappresentare una svolta storica, proiettando verso una riforma della legislazione sui testimoni di giustizia.
Appena pochi mesi fa, Angela Napoli, nella sua relazione, approvata all’unanimità, scriveva così: “Occorre sottolineare che la Commissione parlamentare antimafia, nel prendere atto delle emergenze evidenziate e delle proposte di miglioramento del sistema raccolte durante le audizioni, ritiene necessario e urgente un più ampio e radicale rinnovamento”.
La soluzione arriva, probabilmente, nelle ultime pagine della relazione dell’onorevole Napoli. E, prima di essere pratica, è concettuale, perché il testimone di giustizia deve \”poter tracciare un bilancio positivo e gratificante della scelta compiuta, sia sotto il profilo della natura etica e civile, sia dal punto di vista del contributo e della cooperazione che ha fornito allo Stato, del quale deve sentirsi parte e non semplice assistito, per il contrasto alla criminalità e la tutela della giustizia\”.
Appunto.
di Claudio Cordova – fonte: www.strill.it
Questo messaggio è rivolto a tutti gli amici di Pino Masciari.
sarà un mese lunghissimo nel quale i Masciari vivranno in una sorta di limbo istituzionale, un limbo pericoloso.
Ci saranno le festività, ma non per i Masciari. Non si va in ferie dalle mafie.
Questo è uno di quei momenti nei quali dobbiamo serrare molto bene i ranghi e rimanere attenti e presenti più che mai.
A volte in passato abbiamo sbagliato,sempre in buona fede,questa volta non avremmo scuse.
Sarà un mese lungo dicevamo, dobbiamo esserci tutti presenti più che mai. Vi abbraccio, spargete parola vi prego.
Per Pino Marisa e cuccioli, ieri un’altra lezione forte, un altro passo nostro affianco a voi ovunque questa strada ci porti. Grazie per permetterci di percorrerla con voi anche quando la nostra inesperienza vi ha costretto a rallentare,non vi lasceremo soli mai. (suona come una minaccia va beh..)
SIAMO CON VOI!!!
Il mio più sincero “in bocca al lupo” alla famiglia Masciari.
Claudio Cordova
Senza parole.
Lo sguardo di Pino nella foto davanti al TAR dice tutto.
Ipocriti mezzi-uomini hanno impunemente preso posto sulle poltrone senza garantire i diritti civili di un onesto cittadino ed offendono l’onore dello Stato, il mio onore.
PINO NOI CI SIAMO, NOI SIAMO LO STATO !!
Tenete duro ragazzi, manca poco al trionfo della Giustizia!!!
Un abbraccione grande grande a tutti