Una voce audace quella di Pino Masciari che, sul palco del festival “Le voci dell’inchiesta”, trasforma una sala cinematografica in una scuola di legalità. Non un collaboratore di giustizia come ha voluto energicamente puntualizzare ieri sera, ma un imprenditore calabrese non disposto a piegarsi alla criminalità organizzata.
Dagli anni ’90 la vita di Pino cambia: giovane e ambizioso imprenditore edile, deciso a seguire le orme paterne, oppone un netto rifiuto alla logica del racket.
Sin da subito è vittima di attentati incendiari, sabotaggio di macchinari ed è costretto a licenziare i dipendenti e a chiudere i suoi cantieri. Senza più la possibilità di lavorare e in pericolo di vita, Masciari viene messo sotto protezione speciale dopo l’iniziale disinteresse delle autorità locali. Strappato dalla sua terra e costretto a vivere nell’anonimato (“la mia identità era stata sostituita da un numero”) decide di non cedere e continua la sua lotta contro il Sistema denunciando indistintamente uomini e donne colluse con la ‘ndrangheta: “con la denuncia volevo essere un uomo libero e siccome lo sono ho chiesto l’applicazione delle leggi dello stato”.
Il suo è uno dei più forti e coraggiosi esempi di ricerca di legalità e giustizia in una mafia istituzionalizzata: un risvolto inaspettato per la carriera di un imprenditore. Un uomo di forte senso civico e di grande fiducia nelle istituzioni, lasciato però “solo dallo Stato” come lui stesso ammette.
Oggi, Masciari gira per l’Italia a raccontare la testimonianza di una vita privata di sentimenti, spazi, libertà, in continua lotta con il “mostro” della criminalità. Nelle scuole e nelle università si rivolge ai giovani, portatori di un cambiamento necessario. Una svolta non ancora in atto. Siamo in una fase di convivenza comoda per le istituzioni e per il crimine, quindi Masciari lascia il testimone e la speranza ai giovani per costruire una legalità dove ognuno di noi è un mattone importante.
tratto da Le Voci dell\’Inchiesta 2011