Davide Pecorelli per Acmos.net – Sollevata l\’eccezione di incompatibilità territoriale da parte della difesa, I Pm hanno avuto modo di replicare, esponendo gli elementi secondo cui il processo deve celebrarsi a Torino.
Giuseppe e Giovanni Catalano, Rocco Zangrà e Carmelo Cataldo sono rappresentanti della \’ndrangheta in piemonte, almeno secondo la tesi accusatoria.
Il potere esercitato nel territorio viene espresso portando avanti molte attività illecite, che vanno dalle bische al controllo dei voti dei calabresi.
Il gruppo ha un notevole grado di autonomia rispetto alle famiglie calabresi, sostengono i Pm tanto da definire il rapporto tra Torino e la casa madre \” Come nel mondo dell\’impresa, dove le filiali rispondono a logiche della sede centrali, ma si muovono autonomamente\”. Una sorta di franchising del crimine, in sostanza.
La memoria presentata dall\’accusa permetterà alla Corte di decidere sulla competenza territoriale del Tribunale di Torino.
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15 febbraio 2012:
Torino. <>
Adnkronos
‘Ndrangheta: resta a Torino processo 4 indagati operazione Minotauro
15 febbraio 2012
Torino. Resterà a Torino il processo a carico di quattro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta Minotauro condotta dalla magistratura torinese contro le infiltrazioni della ‘ndrangheta in Piemonte. Lo ha deciso oggi il Tribunale di Torino respingendo l’eccezione di competenza territoriale sollevata dalle difese che chiedevano lo spostamento del procedimento a Reggio Calabria. I quattro imputati, Giuseppe e Giovanni Catalano, Carmelo Cataldo e Rocco Zangrà erano infatti già stati arrestati nell’inchiesta «Il Crimine» condotta dalla procura di Reggio Calabria. I primi tre sono stati poi coinvolti nell’operazione Minotauro mentre Zangrà è stato indagato nell’operazione «Maglio» sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nel basso Piemonte. Sono accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso e altri reati connessi. Oggi la Corte ha ritenuto infondata la richiesta di spostamento del processo sottolineando come dalle intercettazioni emerga «un’automia della consorteria piemontese» rispetto all’associazione calabrese. Diversi i fatti presi in considerazione: i consociati avrebbero agito in Piemonte commettendo diversi fatti criminali, qui sono stati documentati vari incontri dei «capi» e conferiti «gradi» e «doti», ci sarebbe inoltre autonomia della cellula piemontese nel comminare sanzioni e nella gestione dei proventi dell’attività criminale oltre a stretti rapporti emersi con rappresentanti della pubblica amministrazione, istituzioni locali, politici e candidati. Il processo, in cui l’accusa è sostenuta dal pm Roberto Sparagna, è stato aggiornato a marzo.
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