Fonte: La Stampa – \”Si dividevano i ruoli per essere affiliati all’ndrangheta nazionale, come emerso senza ombra di dubbio dalle intercettazioni telefoniche, hanno costituito un’associazione a delinquere di stampo ‘ndranghetistico, avevano disponibilità di armi. Siano quindi condannati\”.
Sulla base di queste considerazioni, in aggiunta ad altre, i quattro pm che si alternati nelle requisitorie hanno proposto pene più o meno pesanti per tutti i 18 inquisiti nell’operazione «Albachiara» giudicati in abbreviato a Torino. Francesco Guerrisi (Bosco Marengo) la cui accusa è stata derubricata in favoreggiamento ai componenti l’associazione, ha patteggiato un anno e 4 mesi. La richiesta maggiore di condanna per i sette della tranche alessandrina (9 anni) è stata avanzata per Antonio Maiolo (Sale) cui sono stati anche sequestrati tutti i beni; otto anni ciascuno per Bruno Francesco Pronestì (frazione Levata di Bosco Marengo) considerato il capo dell’organizzazione e per Romeo Rea (Spinetta Marengo); sei anni e 8 mesi rispettivamente per l’ex consigliere comunale Giuseppe Caridi (Lobbi) e Domenico Persico (Sale); 5 anni e 4 mesi per Sergio Romeo (Pozzolo Formigaro). In totale 43 anni e 8 mesi. Le armi sono state sequestrate solo a Pronestì e al cuneese Fabrizio Ceravolo.
Nelle prossime udienze (15-18-21-25 e 27 giugno) la parola passerà al pool della difesa: la tranche degli «alessandrini» si è affidatai a Mario Anetrini, Alexia Cellerino, Giuseppe Cormaio, Tino Goglino, Alberto Mazzarello, Aldo Mirate, Aldo Rovito. A seguire la sentenza. Il 21 settembre si discuterà invece il ricorso contro il provvedimento del tribunale che ha applicato a tutti la misura di sorveglianza speciale, cioè l’obbligo di risiedere per tre anni nei rispettivi Comuni anche in caso di assoluzione.