San Luca (Reggio Calabria) – Erano riusciti ad intascare il 23% dell’opera di metanizzazione di San Luca, tradotto in cifre 260 mila euro, costringendo la ditta titolare dei lavori ad assumere gli esponenti della ‘ndrina del posto. Parliamo di presunti affiliati alla cosca Mammoliti di San Luca, soprannominata \”fischiante\”. Sono loro i 6 che questa notte i carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria hanno sottoposto a fermo su provvedimento della Dda reggina.
Un’operazione, quella rinominata “Metano a San Luca”, che vede i sette accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni, illecita concorrenza in appalti, estorsione e rapina aggravati dalle modalità mafiose. Si tratta di quattro appartenenti alla famiglia COSMO, Antonio (64 anni) e Francesco (52), nati a San Luca, e poi due COSMO Giuseppe, uno di 34 anni e l’altro di 24, nati a Locri. Gli altri membri del clan finiti in manette sono Domenico e Francesco Mammoliti, i due maggiori esponenti di spicco della ‘ndrina, soprattutto Francesco, pluripregiudicato, capobastone del ‘ndrina nonostante fosse sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari da tempo, dopo aver scontato diversi anni di carcere. Per quanto riguarda invece, Edmondo Rinaldo VENNERI, titolare dell’impresa Metangas con sede a Rende, è stato notificato l’avviso di garanzia per il reato di subappalto non autorizzato.
Come spiegato dagli investigatori, la cosca si sarebbe immediatamente e prepotentemente infiltrata nella gestione dei lavori per la metanizzazione del comune di San Luca. Le indagini sono cominciate nel maggio del 2010, quando l’incendio di un autocarro della ditta Metangas, impresa privata incaricata dei lavori di metanizzazione (sembra) da regolare appalto, bloccò i lavori per sei mesi. Le indagini dei carabinieri della stazione di San Luca hanno accertato che a monte dell’episodio e dello stop dei lavori vi era una ben precisa strategia intimidatoria, posta in essere dal clan Mammoliti. La rapina a manoarmata nel cantiere e l’incendio dell’autocarro della Metangas erano stati il preludio all’intrusione della criminalità organizzata locale nella gestione dell’opera il cui appalto aveva un valore complessivo di oltre 1 milione di euro.
Ai carabinieri “puzzava” il fatto che, alla ripresa dei lavori, la ditta fosse sì la stessa, ma gli operai erano quasi tutti diversi: i lavoratori dell’impresa di Rende erano stati, guarda caso, sostituiti da quelli del luogo, ritenuti contigui alle cosche di San Luca. Inoltre era stato utilizzato un espediente al fine di nascondere l’illecito subappalto ad imprese prive di certificazione antimafia. In poche parole, l’impresa appaltante svolgeva, di fatto, un controllo di sola facciata, dato che per gli investigatori non è mai intervenuta su anomalie relative alle fatturazioni dei subappalti. Lo stesso clan Mammoliti di San Luca, per giunta, pare incidesse direttamente anche nella gestione di lavori edìli di rifacimento e restauro di parte dell’abitato del santuario di Polsi, svolti tramite ditte fittiziamente intestate a terzi. Nel corso dell’operazione di questa notte in Aspromonte, i carabinieri hanno anche eseguito sequestri preventivi di alcun mezzi da lavoro, per un valore di 800mila euro.
Fonte: Reggio.tv