I poliziotti delle squadra mobile di Reggio Calabria hanno fermato 11 fra vertici, affiliati e prestanome del gruppo criminale di Rosarno. A Catanzaro sequestrati ben per 4 milioni di euro a Gennaro Pulice, secondo gli investigatori, un esponente di spicco delle cosche confederate \”Iannazzo e Cannizzaro-Daponte\”
Il questore Raffaele Grassi parla di “scacco alla cosca Pesce-Bellocco”. L’operazione “Recherche” stamattina ha portato alla cattura di 11 persone legate alla ‘ndrangheta di Rosarno. La squadra mobile di Reggio Calabria, guidata dal dirigente Francesco Rattà, ha ricostruito la rete dei soggetti che, per anni, ha protetto la latitanza del boss Marcello Pesce, conosciuto con il soprannome di “Ballerino”. In manette è finito anche il figlio Rocco, di 29 anni, e gli altri fiancheggiatori che hanno permesso al capocosca di continuare a giocare un ruolo importantissimo nel panorama ‘ndranghetistico della piana di Gioia Tauro.
Un’inchiesta, coordinata dal procuratore Federico Cafiero de Raho e dall’aggiunto Gaetano Paci, che ha consentito di dimostrare l’operatività della cosca Pesce e le numerose attività economiche riconducibili al sodalizio. Oltre al figlio del boss, che “si occupava del controllo e del coordinamento delle attività delittuose mantenendo i rapporti con gli altri affiliati e con gli esponenti di vertice di altre cosche”, sono stati arrestati Savino Pesce (di 28 anni), Filippo Scordino (42), Bruno Stilo (51), Carmelo Garruzzo (46), Michelangelo Raso (36), Rosario Armeli (34), Michelino Mangiaruca (38), Giosafatte Giuseppe Elia (40), Consolato Coppola (49) e Antonio Cimato (33). È riuscito a scappare il dodicesimo arrestato, Antonino Pesce di appena 25 anni.
Gli interessi del clan andavano dal trasporto alla droga passando per le attività commerciali. Una figura centrale di tutta l’inchiesta è Filippo Scordino, “luogotenente” del boss ex latitante e persona di estrema fiducia del figlio Rocco. Scordino era il principale gestore della cosiddetta “Agenzia di Rosarno”, una sorta l’agenzia di mediazione dei trasporti merci su gomma attraverso cui il settore è monopolizzato dai Pesce. Grazie alle intercettazioni telefoniche e all’attività di indagine classica, infatti, gli inquirenti hanno scoperto un vasto traffico di droga. La marijuana della cosca Pesce finiva nelle piazze non solo di Rosarno, ma anche di Cosenza e Catania.
I luoghi strategici della famiglia mafiosa erano un centro scommesse e l’azienda agricola “Le tre stagioni” dove nel febbraio 2016 la polizia ha sequestrato 4 chili di sostanza stupefacente riconducibile a Rocco Pesce. Nel 2015, agli imbarcaderi di Villa San Giovanni, la Mobile ha sequestrato 67 chili di marijuana e oltre 82mila euro in contanti che erano stati occultati all’interno di un camion con semirimorchio guidato da un catanese. Secondo il procuratore aggiunto Gaetano Paci “l’operazione Recherche ci ha consentito di tracciare il perimetro della nuova società di Rosarno che dopo gli arresti e le condanne degli anni passati si è rigenerata anche sotto la guida del boss Marcello Pesce. Abbiamo accertato rapporti collusivi anche con le forze dell’ordine che hanno reso necessaria l’immediata esecuzione del provvedimento di fermo. Questo genere di relazioni è uno storico ‘marchio di fabbrica’ del clan Pesce che emerge fin dalle prime indagini”.
In sostanza, con l’operazione di oggi la Direzione distrettuale antimafia e la squadra mobile sono riusciti a ricostruire le modalità attraverso cui i Pesce si stavano riprendendo il territorio. “Nonostante i numerosi arresti, – ha affermato il procuratore De Raho in conferenza stampa – i Pesce continuano ad avere una propria organizzazione, una struttura operativa. Oggi, sono tanti gli elementi che, ancora in libertà, si muovono per la cosca”. Fuori dalla questura c’erano molti familiari degli arrestati: “Sembrava di essere tornati agli anni settanta e ottanta, quando gli appartenenti alla cosca andavano a salutare i vertici tratti in arresto. Questo è un segnale non certo positivo. Oggi si chiude un cerchio ma la lotta non finisce qui”, ha concluso De Raho. Assieme al provvedimento di fermo, oggi la polizia ha eseguito un decreto di sequestro preventivo. Sono stati applicati i sigilli a numerose società gravitanti nell’orbita della cosca Pesce e intestate a prestanome del boss. Si tratta di aziende agricole, cooperative e imprese di trasporti che hanno un valore di 10 milioni di euro.