Fonte: Gazzettadiparma.it – REGGIO CALABRIA – Un’operazione dei carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria è in corso per l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 21 persone ritenute affiliate o contigue alla cosche della \’ndrangheta Morabito-Bruzzanti-Palamara, Maisano, Rodà, Vadalà e Talia, operanti nel «mandamento jonico» ed in particolare nei comuni di Bova Marina, Palizzi, Bruzzano Zeffirio ed Africo. L\’inchiesta, secondo quanto si è appreso, riguarda infiltrazioni delle cosche in appalti pubblici.
Nei provvedimenti, emessi dal gip di Reggio Calabria su richiesta della Dda, sono contestate le accuse di associazione di tipo mafioso, concorso in associazione di tipo mafioso, intestazione fittizia di beni, truffa aggravata, danneggiamento aggravato, procurata inosservanza di pena, frode in pubbliche forniture, furto aggravato di materiali inerti, crollo di costruzioni o altri disastri dolosi, violazione delle prescrizioni alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, tutti aggravati dall’aver favorito un sodalizio mafioso.
L\’operazione, denominata «Bellu Lavuru 2» è il seguito di un’operazione condotta nel giugno 2008 incentrata sui lavori di ammodernamento della statale 106 ionica.
I PARENTI DEL BOSS MORABITO, DETENUTO A PARMA: \”UN BELLU LAVURU\”.«E\’ proprio un bellu lavuru». Così i parenti di Giuseppe Morabito, il boss della \’ndrangheta conosciuto come «il Tiradritto», annunciavano nel 2007 all’anziano capomafia, detenuto a Parma in regime di 41 bis, l’appalto per i lavori di ammodernamento della statale 106 ionica ed in particolare la costruzione della variante al centro abitato del comune di Palizzi.
Da allora i carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno monitorato l’intervento parassitario della \’ndrangheta in ogni segmento dell’appalto. Dalle indagini è emerso che le cosche di quella zona del mandamento ionico, confermando l’unitarietà della \’ndrangheta, hanno superato tutte le rivalità che in passato avevano dato vita anche a faide sanguinose e si sono suddivise gli ambiti di intervento, arrivando a federarsi tra loro con un apposito organismo direttivo denominato «base», presentandosi ai responsabili della società appaltatrice (Condotte d’acqua, con sede a Roma) come un unico interlocutore e coinvolgendoli nella gestione illecita dell’appalto.
Dall’inchiesta, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, è emerso come le cosche si siano infiltrate in ogni settore produttivo, imponendo le assunzioni, le forniture di tutto il materiale (persino la cancelleria per ufficio) ed i contratti di subappalto e nolo. L’infiltrazione era diretta, tramite l\’impresa di famiglia I.M.C. di Costantino Stilo, ed indiretta, tramite la D’Agu Beton, nella fornitura del calcestruzzo per l\’ammodernamento della statale 106. Inoltre le cosche avevano la gestione di fatto dei lavori di movimento terra, appannaggio della Ati capeggiata dalla ditta Clar, e di gran parte delle maestranze impiegate nei cantieri.
Inoltre, le cosche, attraverso dei prestanome imparentati con gli affiliati, avevano monopolizzato l’intero ciclo del calcestruzzo, organizzando delle squadre per rubare gli inerti dalla fiumara Amendolea, produrre calcestruzzo di bassissima qualità, imporne l’uso anche se non rispondente al progetto, fatturarne falsi quantitativi e falsificare i risultati dei controlli.