\”Purtroppo sono scene già viste, ma fa sempre impressione vedere certe reazioni.
Anzi, non fa solo impressione: fa proprio male. Ed è proprio per reazioni come questa che bisogna capire bene cosa sia la mafia; prima di essere delinquenza, la mafia è una cultura, e per vincerla è necessario mettere in campo culture alternative.
Finchè ci sarà gente pronta a difenderli, i boss si sentiranno forti perchè potranno godere di appoggio, e del rispetto malato che si basa sul terrore; se invece rimarranno soli, scompariranno\”.
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Fonte: Il Fatto Quotidiano – “Asso di bastone” non ce l’ha fatta a fuggire. Ed è fallito anche il tentativo della gente di scendere in strada per evitare che i carabinieri lo arrestassero. Il boss degli zingari Celestino Abbruzzese, di 67 anni, è stato stanato nel quartiere Timpone Rosso di Cassano allo Ionio, in provincia diCosenza, teatro la scorsa notte di un blitz movimentato. I militari dell’Arma lo hanno arrestato, ma hanno dovuto fare i conti con le decine di persone appartenenti alla comunità rom che, alla vista dei carabinieri, si sono riversate in strada per favorire la fuga dell’uomo condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso e omicidio.
Attimi di tensione tra i familiari del boss della ‘ndrangheta e i militari alcuni dei quali sono stati strattonati e sono rimasti contusi. Abbruzzese era evaso nel marzo scorso dall’ospedale “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro dove si trovava agli arresti domiciliari dopo la decisione dei magistrati di revocare il carcere duro a causa delle precarie condizioni di salute del capocosca. Condizioni che non sarebbero state compatibili con il regime del 41 bis, ma che non hanno impedito ad “Asso di bastone” di far perdere le sue tracce. Dopo aver scontato 8 anni per associazione mafiosa, il boss della Sibaritide era stato accusato dell’omicidio di Antonio Acquesta, un piastrellista di 22 anni scomparso il 27 aprile 2003 e, secondo gli inquirenti, vittima della “lupara bianca”. Secondo il sostituto procuratore di Catanzaro, Vincenzo Luberto, Abruzzese avrebbe deciso l’uccisione del giovane e la sparizione della suo corpo. Un’accusa pesantissima e probabilmente la causa che ha spinto il boss, descritto come un “uomo di rispetto” vecchio stampo, a darsi alla macchia. Assicurato alla giustizia il ricercato, i carabinieri di Corigliano Calabro stanno cercando di ricostruire la dinamica dell’arresto identificando le persone che, adesso, rischiano di essere denunciate perfavoreggiamento. A differenza delle altre province calabresi dove i rom vengono utilizzati al massimo come bassa manovalanza, a Cosenza la comunità nomade è riuscita a inserirsi a pieno titolo nella ‘ndrangheta. Ecco perché, secondo gli inquirenti, l’arresto di Celestino Abbruzzese riveste un’importanza notevole nella lotta alle cosche in un territorio in cui si nascondono ancora tanti latitanti.
Potremmo dire che, i Carabinieri di Corigliano Calabro comandati dal Colonnello comandante, Francesco Ferace,Comandante Provinciale dei Carabinieri di Cosenza,hanno fatto il loro dovere catturando il latitante, Celestino Abbruzzese,boss del Clan degli Zingari.
Perchè è sintomatico, che in terra – e non solo – di ‘ndrangheta, il principio del dovere di ogni Carabiniere è vincolante per rendere l’azione dello Stato vincente: infatti, il risultato finale è stata la cattura del latitante.
Mentre poco appropriata,a soli 30 giorni dalla nomina,è stata la messinscena del comandante del Ros, generale di Brigata, Mario Parente,che in disaccordo con i Magistrati della Procura della Repubblica di Palermo ha ottemperato l’ordine di richiamare a Roma gran parte degli uomini del Ros, che erano sulle tracce del Superlatitante di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro.
Grazie…-