Palmi (Reggio Calabria) – Ieri Reale 3, oggi “Cosa mia” bis. Alle prime ore del mattino di oggi è scattata un’operazione della polizia per l’esecuzione di 10 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di affiliati alla cosca della ‘ndrangheta dei Bruzzise, clan operante nella zona di Palmi e Seminara. Gli arrestati, tra i quali risultato due donne, sono tutti accusati di associazione mafiosa.
L’operazione, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, costituisce il seguito di quella che, denominata appunto \”Cosa mia\”, nel giugno scorso portò all’arresto di circa 50 persone, ritenute affiliate sia ai Bruzzise che all’altra cosca operante sullo stesso territorio: quella dei Gallico. I due clan, come spiegato dagli inquirenti nella conferenza stampa in Questura, erano riusciti ad imporre pesanti tangenti, una sorta di tangente “unitaria” alle imprese in attività nei cantieri del V macrolotto per l’ammodernamento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria. Attività fondamentale, questa estorsiva messa in piedi dai clan della ‘ndrangheta, che le forze di Stato stanno cercando di limitare, “anche perché – come spiegato dal Procuratore aggiunto Michele Prestipino – così è soprattutto l’economia a risentirne ed essere pesantemente rallentata”.
“Le cosche succhiano il sangue alle aziende” hanno proseguito gli inquirenti, mettendo in evidenza che in questo caso “il racket, non per modo di dire, uccide”. Infatti, il clan dei Bruzzise, allorquando fu “incaricato e legittimato” dalla potente famiglia dei Bellocco a riscuotere le tangenti, fu contrapposto in una sanguinosa faida alla famiglia dei Morgante, appoggiata da quella dei Gallico. La famosa “faida di Barritteri” portò, solo negli anni 2000, a sei omicidi e due tentati omicidi. Appare evidente quali siano gli \”appetiti\” dei clan per gli appalti dei lavori sull’autostrada A3, che fruttavano ai clan della malavita organizzata una quota fissa pari al 3%, oltre alla fornitura obbligata del calcestruzzo. Almeno, è quanto emerso dall’inchiesta condotta dalla Questura di Reggio, col supporto del commissariato di Palmi, e coordinata dalla Dda reggina. Gli investigatori hanno spiegato quanto fondamentali siano stati le intercettazioni effettuate in carcere tramite la corrispondenza e durante i colloqui con gli altri componenti del clan e con i familiari: qui spicca il ruolo delle due donne, definite le effettive “ambasciatrici”, dunque ritenute anch’esse responsabili del reato di associazione mafiosa.
Questi i nomi degli arrestati: Carbone Carmela, Cutri Francesco, Gioffrè Vincenzo, Gaglioti Rocco, Gaglioti Carmine, Bruzzise Antonio, Bruzzise Carmelo, Bruzzise Vincenzo, Surace Vincenza e Bruzzise Fortunata.
tratto da ReggioTV.it