tratto da Il Secolo XIX
C’è un salto di qualità nelle inchieste sulle mafie in Riviera: due persone, padre e figlio, noti esponenti del clan calabrese dei Macrì, sono state arrestate a Vallecrosia in seguito alla scoperta di un piano di attentato contro i carabinieri. Un piano che, stando alle frasi intercettate, serviva a «dare una lezione» ai militari dell’Arma. «Bisogna trasformarli in cadaveri», è la frase pronunciata da Alessandro Macrì, gestore di un bar a Ventimiglia, parlando con il padre Michele. I due si erano anche procurati una pistola, con la matricola limata, che è stata sequestrata a casa loro quando è stato deciso l’arresto.
«Bisogna dare una lezione ai carabinieri, si stanno allargando troppo. Bisogna trasformarli in cadaveri». Stavano preparando una rappresaglia. Un attentato. Una vendetta contro gli investigatori che hanno dichiarato guerra alla criminalità organizzata nel Ponente della regione.
Una vendetta di sangue, che avrebbe colpito più di una vittima. Questo raccontano le intercettazioni telefoniche, le ambientali, le confidenze degli informatori. Doveva essere un gesto, o addirittura una serie di blitz, per ribadire la supremazia sul territorio della malavita organizzata.
Così la brutta storia di una pistola con la matricola abrasa, trovata dagli stessi carabinieri durante una perquisizione, si trasforma in una vicenda ancora più allarmante, spia di una tensione che, sul versante delle mafie, rimane altissima in quella zona della Liguria.
In due finiscono in galera. I due arrestati sono Michele e Alessandro Macrì. Padre e figlio. Il primo è originario di Cinquefrondi in provincia di Reggio Calabria, il secondo è nato a Bordighera. Abitano entrambi a Vallecrosia. Alessandro Macrì gestisce un piccolo bar all’interno del “Mercatone”, un supermercato che ospita anche un negozio di mobili, a Ventimiglia.
Le cimici svelano il piano dei Macrì. Un piano a due facce. La prima: rendere sempre più forte il clan al quale sarebbero collegati. Un clan impegnato nella guerra contro un’organizzazione rivale per il controllo del territorio: si parla di appalti pubblici e grandi opere edilizie private.
Nelle intercettazioni emerge anche il nome di una persona che fa parte del clan avversario, protagonista a sua volta delle inchieste della procura negli ultimi mesi. Poi c’è il secondo proposito: un’azione dimostrativa contro le forze dell’ordine e lo Stato. Un’azione violenta, che mette pure in conto di uccidere. Il senso: qui comandiamo noi.
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