Nei tre faldoni portati in aula bunker dai pm della Direzione distrettuale antimafia ci sono gli interrogatori di alcuni collaboratori di giustizia che rischiano di provocare in Calabria un terremoto che farà danni anche a Roma. Da quei verbali – al vaglio degli inquirenti per gli accertamenti del caso – escono nomi importanti: sottosegretari di Stato, parlamentari, politici regionali e mafiosi di rango.
Massoneria, ‘ndrangheta e pezzi dello Stato. Tutto contenuto nelle carte depositate giovedì 2 marzo alla prima udienza preliminare del processo “Ghota”. Affari sporchi che si intrecciano con massoni della P2 e istituzioni. Nei tre faldoni portati in aula bunker dai pm della Direzione distrettuale antimafia ci sono gli interrogatori di alcuni collaboratori di giustizia che rischiano di provocare in Calabria un terremoto che farà danni anche a Roma. Da quei verbali – al vaglio degli inquirenti per gli accertamenti del caso – escono nomi importanti: sottosegretari di Stato, parlamentari, politici regionali e mafiosi di rango. Ma anche magistrati e uomini in divisa che avrebbero partecipato a riti massonici. “I rapporti con i giudici li teneva solo don Gioacchino Piromalli – rivela il collaboratore di giustizia Antonio Russo -. Era l’unico che aveva il numero della segreteria privata di Andreotti”.
Il pentito: “I Piromalli hanno rapporti con i giudici”
Rivolgendosi al pm Stefano Musolino, che lo stava interrogando, il pentito cerca di non essere frainteso: “Dottore, quando parliamo dei Piromalli stiamo parlando di un’istituzione, stiamo parlando di un secondo Stato, sono di Piromalli. Vi parlo del processo ‘Tirreno’, tre fratelli coinvolti, due assolti, risarcimento dallo Stato e uno condannato. Su tre ha pagato solo uno. Hanno rapporti con i giudici dappertutto. Loro arrivano dappertutto dottore”. Grembiulini al servizio delle cosche che, per ottenere favori, secondo quanto ritiene il pentito, non hanno bisogno di esporsi. C’è chi lo fa per loro. “Non è che vanno direttamente dai giudici, ma per interposta persona. Loro hanno la chiave per arrivare al giudice, per aprire la porta, io su questo posso riferire, posso riferire su alcuni giudici. I Piromalli sono tutti massoni, Gioacchino Piromalli è massone, don Peppino Piromalli era massone”.A un certo punto, il collaboratore Russo fa il nome del commendatore “Carmelo Cortese di Catanzaro” che “aveva i rapporti con Licio Gelli”. Stando all’interrogatorio, Cortese e don Gioacchino Piromalli erano iscritti alla stessa loggia: “Erano tutti con lui. C’era Paolo De Stefano, tutta la ‘ndrangheta c’era iscritta con il commendatore Cortese, colui il quale comandava l’ospedale militare di Catanzaro. Facevano questi riti di inizializzazione con la spada, tutti vestiti con i cappucci, avevano invitato anche a me ma non ci sono voluto entrare. A queste riunioni – secondo il racconto messo a verbale – dei templari era presente Stillitano Rocco Ivan, era presente Saverio Saltalamacchia (che era stato arrestato per droga mi pare questo ragazzo)… c’era il principe Romanov, è un pezzo grosso questo”. Ma anche “generali della Guardia di finanza, generali dei carabinieri, della polizia di stato, dei vigili del fuoco… tutti in alte uniformi”.
L’incontro con l’ex parlamentare Amadeo Matacena
Dei rapporti tra la ‘ndrangheta e la massoneria ha riferito anche un altro collaboratore di giustizia il cui verbale ha arricchito gli oltre cinquanta fascicoli del processo “Ghota”. Si tratta di Marcello Fondacaro che, nel periodo universitario a Roma, tra la fine degli anni 80 e l’inizio degli anni 90, divenne membro “della loggia Giustinianea”: “Ho avuto molti rapporti con la loggia di Piazza del Gesù – dice ai pm – di cui faceva parte anche Andreotti e altri uomini importanti”. Fondacaro riferisce ai magistrati di un incontro avvenuto a Roma molti anni fa con Amedeo Matacena, l’ex parlamentare di Forza Italia latitante oggi a Dubai dopo una condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo il collaboratore era una cena tra fratelli massoni: c’era don Stilo, l’avvocato Giuseppe Luppino, Luigi Emilio Sorridente (nipote di Peppe Piromalli), i suoi zii e Pietro Araniti: “A questa cena venne poi l’onorevole Luigi Meduri di Reggio Calabria… anche lui mi fu presentato come fratello, questa è la prima volta che io incontro i soggetti massoni…di altra loggia”.Il calabrese Meduri è l’ex sottosegretario alle Infrastrutture arrestato nell’operazione “Dama nera” dalla procura di Roma che ha fatto luce su un giro di mazzette all’Anas. Il collaboratore si sofferma, inoltre, sulla figura di Luigi Emilio Sorridente: “Rappresentava la famiglia Molé-Piromalli nella raccolta ogni mese delle tangenti locali, così come nei rapporti per l’area portuale con i vari politici tra cui anche l’onorevole Fuda (l’ex senatore di Forza Italia oggi sindaco di Siderno, ndr) e l’onorevole Fedele (ex assessore regionale di Forza Italia coinvolto nell’inchiesta “Rimborsopoli”, ndr). Luigi Emilio era colui che doveva raccogliere i voti per conto della famiglia di Piromalli. Andavano per esempio dalle famiglie di Gioia Tauro dicendo ‘Vedete che mio zio e mio cugino vogliono che si voti Fuda, o Fedele o Meduri”.
Anche Fondacaro nomina Gelli. Nelle pieghe del verbale dedicate alla “deviazione della loggia Giustinianea”, infatti, il pentito rivela ai pm di aver saputo che quella loggia non era altro che “la P2, la ex P2 di Licio Gelli, perché Pino Strangio mi parlò proprio di questo, che lui era il gran maestro… di questa ne fa parte anche Vincenzo Ruggiero, il commercialista… il figlio di Gianni Ruggiero… che lui con l’onorevole… tramite questo ha avuto l’incarico… è stato assessore… consigliere provinciale… e in più lavora al ministero dell’Ambiente qui a Roma tramite questo onorevole che adesso mi sfugge il cognome… un sottosegretario del ministero dell’Ambiente che ha casa vicino al Colosseo. Sono stato invitato una sera pure lì per incontrarlo, abita nello stesso palazzo di Scajola, questo lo ricordo perfettamente che si vede proprio il Colosseo… onorevole…di Reggio Calabria comunque… me lo ricorderò”.
Nel verbale i pm inseriscono molti omissis
Durante l’interrogatorio, il pentito cerca di fare mente locale. Si sforza e alla fine ricorda il suo nome del politico calabrese: “È vicino a Paolo Romeo… l’onorevole Paolo Romeo (il principale imputato del processo “Ghota”, ritenuto una delle teste pensanti della ‘ndrangheta, ndr)… si chiama Elio Belcastro”. Non solo politici. “Ho sentito parlare anche di magistrati. Mi meravigliai tanto quando ne sentii parlare”. Il pentito è in fiume in piena ma su alcuni nomi i pm inseriscono gli omissis nel verbale depositato ieri. Non su tutti: “Tuccio, Tuccio… sì Tuccio”. I magistrati per Fondacaro “potevano fare molto con… loro avevano un ascendente… allora so che hanno aggiustato anche dei processi con la Cassazione, in modo particolare quello di Rocco Molé e di Nino Albanese con il magistrato famosissimo di Roma, Carnevale… per un vizio di forma… erano stati condannati ad un ergastolo, due ergastoli, una cosa del genere e poi furono… la Cassazione glielo smonto tramite Carnevale… c’entrano anche loro con le logge… avevano questi rapporti con i fratelli massoni”.Il collaboratore fa il nome pure dell’ex governatore della Calabria Giuseppe Chiaravalloti, magistrato in pensione: “Sappiamo essere anche lui massone. Claudio La Russa, l’avvocato La Russa… che è un avvocato di Catanzaro… so che per alcune cose si è sempre dimostrato disponibile a sistemare qualche cosa, qualche processo che non andava… ma ripeto sempre come favore tra di loro massoni e tra di loro onorevoli ed altro… perché poi so che lo stesso Chiaravalloti divenne presidente della giunta regionale, quindi lasciando il posto di Procura e l’incarico che aveva presso la Procura di Reggio Calabria”