\”Ogni opera imprenditoriale, ogni business, ogni occasione per lo sviluppo viene inquinata dalle mafie. Ogni cosa con la quale è possibile movimentare del denaro, a loro interessa.
E\’ chiaro che un affare rilevante come la green economy non poteva sfuggire alle loro mire. Non importa che sia un\’opera di rilevanza nazionale o locale, che sia meritoria o meno: tutto quello che è un possibile affare diventa loro.
Non facciamoci scippare così la possibilità di produrre energia pulita, non lasciamo credere loro che possano fare tutto. 350 milioni per la \’ndrangheta è una fettina di fatturato, ma è una fettina che ci siamo ripresi\”.
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Fonte: Il Corriere della sera – n Calabria le pale eoliche si muovono sospinte dalla forza della ‘ndrangheta. Un giro d\’affari da 40 milioni di euro l’anno quello che la Guardia di Finanza ha interrotto con l’operazione «Wind farm Isola Capo Rizzuto», dal nome del parco sequestrato, tra i più grandi d’Europa per un valore stimato di 350 milione di euro. Una montagna di denaro che per la procura distrettuale di Catanzaro era gestito dalla cosca Arena di Isola Capo Rizzuto. Era, infatti, Pasquale Arena, 59 anni, nipote del boss Nicola Arena, 75 anni, capo storico dell’omonima cosca a gestire direttamente l’attività eolica.
Arena è un funzionario del comune di Isola, cittadina dove sindaco e assessori da anni sono bersaglio di intimidazioni e minacce. Il nipote del boss più volte ha cercato di allontanare i sospetti sul suo conto ma, soprattutto, ha sempre cercato di tenersi lontano da quelle parentele scomode. Addirittura, aveva anche avviato la pratica per cambiare il suo cognome: da Arena a Taverna. Gli inquirenti, però, non hanno mai creduto alla sua buona fede anche perché Pasquale Arena – secondo i finanzieri – risulta mandatario della Sammarinese Seas srl, già dal luglio del 2005. La società detiene il 30% delle quote del parco eolico ed è rappresentata da Maximiliano Gobbi, nato a San Marino e residente a Rimini. L’imprenditore è indagato assieme ad altre 30 persone, responsabili di società e professionisti, come l’ingegnere catanzarese Stefano Colosimo (progettista dell’impianto) e alcuni tecnici comunali. C’è poi l’interesse diretto del boss Nicola Arena che più volte – come hanno potuto ascoltare le Fiamme Gialle – ha chiesto al nipote a «che punto era giunto l’affare» e non riscontrando passi avanti nella realizzazione del parco, ha addirittura deciso di riappropriarsi del progetto.
IRREGOLARITA\’ AMMINISTRATIVE – Nel corso dell’attività d’indagine la Guardia di Finanza ha riscontrato una serie d’irregolarità amministrative connesse al rilascio di licenze da parte della Regione Calabria. L’impianto di Isola Capo Rizzuto produce energia da fonte rinnovabile e grazie a questa sua peculiarità rientra tra quelli idonei all’ottenimento di certificati verdi introdotti dal decreto Bersani. Gli Arena di Isola Capo Rizzuto avevano fiutato l’affare dell’Eolico già nel 2005. L’idea era venuta proprio a Nicola Arena che, in qualità di dirigente del comune, aveva previsto anche come accelerare l’iter per le concessione necessarie per far sorgere l’impianto, poi costruito sui terreni di proprietà degli Arena. Costituita la società, la «Vent1 Capo Rizzuto srl», c’era da trovare i finanziamenti. Ecco quindi spuntare la banca estera che a garanzia di un prestito di 30 milioni di euro, ha ottenuto quote societarie. Quella della procura di Catanzaro e della Guardia di Finanza del capoluogo è stata un’attività complessa perché c’erano di mezzo molte società estere e quindi è stato necessario ottenere delle rogatorie internazionali. Il provvedimento di sequestro è scattato sul filo di lana: ancora qualche giorno e l’intero impianto sarebbe stato venduto a nuovi imprenditori, che nulla hanno a che fare con l’indagine appena conclusa.